Buongiorno!
Il film di oggi è abbastanza particolare. L’ho visto due volte, a distanza di anni, e ci ho messo un po’ a scriverne la recensione, perché ho avuto bisogno di tempo per far sedimentare l’idea che me ne sono fatta.
Titolo
American Psycho
Regia
Mary Harron
Anno
2000
Genere
Orrore, drammatico
Lingua
Inglese
Paese di produzione
Stati Uniti d’America
Soggetto
Bret Easton Ellis (romanzo)
Sceneggiatura
Guinevere Turner, Mary Harron
Cast
Christian Bale, Willem Dafoe, Jared Leto, Justin Theroux, Bill Sage, Josh Lucas, Chloë Sevigny, Reese Witherspoon, Samantha Mathis, Matt Ross, Cara Seymour, Guinevere Turner, Stephen Bogaert, Monika Meier, Reg E. Cathey
Metà anni ’80, Patrick Bateman è un uomo d’affari di Wall Street, concentrato unicamente sul lavoro, sull’apparenza e sul successo personale. Tutto in Patrick ruota attorno al culto dell’ego e dell’esteriorità, trasformando la sua vita personale, nonché quella lavorativa, in una corsa continua verso la cima.
Tutto nel suo mondo è una competizione, con se stesso e con i colleghi, in una ripetizione della realtà e delle sue forme che diventa bulimica, un’ingestione di ovvietà e di biglietti da visita praticamente identici che scatenano nella mente di quest’uomo di successo delle tendenze omicide e schizofreniche.
Patrick, infatti, di notte, progetta e commette omicidi, paga sessioni di orge con escort e prostitute per auto-celebrare la propria superiore virilità e mettere in pratica ogni genere di fantasia, fino a sfociare nel proibito e nella mutilazione quale atto di affermazione e potenza.
Non avendo letto il romanzo da cui è tratto (ammetto che non lo conoscevo prima di aver visto il film), l’impressione che ho avuto di American Psycho è parziale e vincolata ai tagli che sicuramente sono stati fatti nella sceneggiatura. Tuttavia, l’interpretazione di Christian Bale di quest’uomo divorato dalla frenesia e dalle dinamiche concorrenziali della società americana è incredibili e magistrale nella pazzia del personaggio. Patrick Bateman è il tipico Wolf of Wall Street, il colletto bianco della finanza che per emergere in un metaforico oceano di squali si trasforma, o crede di trasformarsi, in un vero predatore, le cui vittime però sono i colleghi e le donne con cui vorrebbe andare a letto, simboli dei due mondi in cui il protagonista cerca con ogni mezzo di affermarsi.
Il film, e mi ha stupito scoprire che risale solo al 2000, mette in chiaro la schizofrenica “lotta per il predominio” caratteristica della società americana lungo tutti gli anni ’80 e ’90, testimonia come l’ansia di emergere tra i tanti scateni paranoie e deformi la realtà, generando un istinto omicida folle e totalmente irrazionale. In bilico tra un vero massacro e un delirio psicotico, con un finale che lascia più dubbi che risposte certe, l’intero film ruota attorno all’idea del metaforico atto di distruzione cui l’uomo moderno, il giovane incentrato sul successo e gli affari, è chiamato per affermare se stesso come individuo completo e realizzato, capace di soddisfare ogni suo bisogno o desiderio. Un’affermazione che, tuttavia, non lascia nulla di tangibile alla fine, sia che l’omicidio sia reale o solo immaginario, tranne un senso di vuoto impossibile da colmare.
Un consiglio, se come me siete facilmente impressionabili, guardatelo di giorno, con un bel sole splendente! Io l’ho visto la sera, entrambe le volte. Grande errore 😅 Però, devo dire che, nonostante i temi davvero importanti, non è un film che mi ha particolarmente convinta. Voi lo avete visto?
A domani Federica 💋
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