Buongiorno e buon lunedì!
Oggi torno a parlarvi di una serie tv (=> qui <= la precedente recensione) che tratta di temi attualissimi con un piglio ironico e divertente.
Titolo Dear White People Ideatori Justin Simiens Paese Stati Uniti d’America Anno 2017— Genere Comedy Stagioni 3 Episodi 30 Lingua Inglese
Sam e Lionel hanno scoperto l’esistenza di una società segreta formata solo da persone di colore che non solo influenza la vita nell’università, ma che gestisce anche la società al di fuori di Winchester e ne determina vincitori e vinti nella comunità afroamericana. Ma questa società, a detta dell’ex professore che avvicina i due ragazzi, ha i suoi limiti e servono forze nuove che ne risollevino le sorti, forze che Samantha e Lionel non vogliono rappresentare e quindi abbandonano l’opportunità di poter cambiare il mondo in cui vivono. Sei mesi dopo, Sam è impegnata con la realizzazione del proprio progetto finale, ha abbandonato il proprio programma radiofonico Dear White People, mentre Lionel è impegnato a gestire la propria (fallimentare) vita amorosa a scopo di ricerca.
La ricerca della società segreta è dimenticata, ma il professore non ha rinunciato alla loro iniziazione e mentre l’università viene scossa da un caso di violenza, i suoi studenti si ritrovano a fare i conti con la reale potenza della società segreta e l’ingiustizia che quella porta avanti per proteggere uno dei suoi membri. Atteso da tanto, il terzo volume di Dear White People gioca con i cliché legati alla terza stagione di ogni serie Netflix e se ne fa beffe, comprese le parodie di The Handmaid’s Tale, da cui Sam è ossessionata, e dell’atteggiamento dei neri nei confronti dei bianchi, mentre gli studenti di Winchester vengono destabilizzati dalla notizia di una violenza subita da una studentessa e iniziano a definire la propria coscienza sociale. Come per i volumi precedenti, l’assenza di filtri è ciò che più mi è piaciuto dei dieci episodi che compongono la stagione, oltre ai vari punti di vista che emergono davanti agli eventi e che definiscono atteggiamenti e opinioni.
L’idea del dissacrare il politically correct è dosata in modo intelligente per riportare l’attenzione su ciò che davvero conta al di là del colore della pelle e della differenza razziale, che comunque è rilevante nella definizione dell’identità personale. Il racconto corale degli eventi dà un quadro completo delle vicende e permette di costruire i diversi tasselli che compongono il mosaico della Winchester, tra luci e ombre della realtà americana e della differenza legata al colore della pelle. È una serie divertente, intelligente nelle canzonature, anche se alcuni aspetti possono essere spinti e approfonditi di più per meglio analizzare cosa c’è di ingiusto nella società, anche in un gruppo chiuso e ristretto come può esserlo quello di un campus universitario.
E adesso si aspetta la quarta e ultima stagione per sapere come andranno a finire tutte le singole storie che gravitano in questa università americana!
La conoscete? Vista?
Federica
P.s. Da domani sarò tre giorni a Roma, quindi il post di mercoledì sarà programmato!
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