Il treno scorre placido in mezzo alla campagna assolta. Un vecchio treno, di quelli che non se ne vedono più se non in certi film. Un treno che sbuffa e sibila e spande bianco fumo da narici di ferro.
Le colline attorno risplendono di un verde brillante, un mare dalle infinite gradazioni. Di tanto in tanto, qualche immobile spettatore dalle fronde immense getta su quel mare riflessi chiari e scuri, gentilmente mossi da una brezza calda. È delicata su quei capelli di foglie, come lo è sul mio viso e sulle spalle.
Il posto accanto al finestrino, confine tra l’essere qualcosa di materiale e il correre rapido dei pensieri. Sento l’estate sulla pelle, con le sue ore calde e le ombre rinfrescanti.
Corre tutto più veloce di me e in un attimo sono già lì, stesa sotto uno di quegli osservatori immobili dalla vita secolare. Nascosta sotto l’alta coperta di fronde, mi bagno degli stessi riflessi dell’erba. Respiro l’estate.
Ascoltando Summer on the Westhill in una giornata non esattamente di bel tempo (per non dire quasi uggiosa)
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