Lunedì! Buongiorno a tutti e ben ritrovati 😊
Sta diventando un’abitudine, ormai, avere la recensione di un prodotto Marvel alla settimana! Questa volta l’onore spetta alla seconda stagione dedicata all’eroe di Harlem, Luke Cage!
Titolo
Luke Cage
Ideatori
Cheo Hodari Coker (serie tv), Archie Goodwin, George Tuska, Roy Thomas & John Romita Sr. (fumetto)
Paese
Stati Uniti d’America
Anno
2016 —
Genere
Azione, supereroi
Stagioni
2
Episodi
26
Lingua
Inglese
Cast
Mike Colter, Simone Missick, Theo Rossi, Erik LaRay Harvey, Rosario Dawson, Alfre Woodard, Mustafa Shakir, Gabrielle Dennis
Dopo aver messo al sicuro New York dalle mire della Mano, la “mafia” dell’universo fantastico della Marvel, e aver lasciato Jessica Jones e Danny Rand, Luke Cage, l’eroe di Harlem, fa ritorno nel suo quartiere per liberalo una volta per tutte dalle manipolazioni dei grandi criminali come Mariah Stokes e il suo socio-tirapiedi Shades.
Ma, a complicare la missione del supereroe che non nasconde la propria identità, si presenta un vecchio nemico della famiglia Stokes, un giamaicano disposto a tutto pur di regolare i conti in sospeso con i suoi ex soci e che nemmeno Cage sembra essere capace di fermare.
La seconda stagione di Luke Cage, serie ambientata ad Harlem e dove i personaggi sono appartenenti ad ogni etnia possibile fuorché quella europea-caucasica, è più rude della prima, violenta, nell’approccio che il protagonista assume verso i suoi avversari e i mali che affliggono Harlem, trasformandosi da eroe a tutti gli effetti a un vendicatore senza maschera che agisce quasi come coloro che cerca di fermare. Ad Harlem non ci sono più regole, ogni azione è valida e giustificata per mantenere il controllo mentre i “nuovi” arrivati cercano di spodestare chi vi ci vive da anni e lì ha costruito la propria fortuna, e Luke Cage, invece di lottare perché tutto smetta di rovinare Harlem in modo onesto, si adatta a questa degenerazione, trasformandosi, da eroe giusto, in uno dei tanti potenti capi di un quartiere diviso e conteso tra interessi diversi.
E quello che avrebbe dovuto essere il cattivo della stagione, il giamaicano Bushmaster, colui che riesce ad atterrare il fortissimo Cage, ne risulta, alla fine dei tredici episodi, come il personaggio che, personalmente, mi ha convinta di più e che attira la simpatia dello spettatore. John McIver, questo il suo vero nome, all’inizio si presenta come l’antieroe e il cattivo che è disposto a tutto pur di soddisfare i suoi interessi, ma ad ogni nuovo tassello che viene aggiunto alla sua storia, si costruisce un personaggio per il quale, anche non condividendone i modi, si inizia a fare il tifo e con il quale si può simpatizzare perché, in fondo, è mosso da uno spirito di rivalsa che rende tutti gli altri punti di vista meno giusti del suo. Poi, ovviamente, è quasi impossibile accettare i suoi metodi e le soluzioni verso un’ingiustizia passata, perché compie azioni riprovevoli per ottenere ciò che gli spetta. Però, in linea teorica, lui, il cattivo, ha ragione, molta di più di quanta ne abbiano Mariah Stokes o Luke Cage, troppo occupati a seguire l’idea del “Controllare Harlem” per accorgersi di quanto stia cambiano il mondo attorno a loro e il loro stesso carattere. Quest’ultimo aspetto vero soprattutto per quel che riguarda il nostro eroe, il quale inizia la propria caduta verso il fondo, verso il contrario di ciò che dovrebbe essere, senza che se ne renda davvero conto, arrivando a sostituirsi a coloro che, nella sua visione, rappresentavano il nemico stesso di Harlem.
Eh già, questa stagione non mi ha proprio convinta! Il personaggio avrebbe potuto fare grandi cose, ma non ne fa nemmeno la metà… Spero nella prossima, perché, se è vero che la caduta (morale) dell’eroe è una prassi nel suo sviluppo, deve seguirne una rinascita e mi aspetto che per il black power sia spettacolare!
A domani Federica 💋
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