Buongiorno e buon inizio settimana!
Anche questa volta vi lascio il racconto che partecipa a Il Club di Aven di questa settimana! I temi erano due e io ho mi sono lanciata su un racconto che, di base, voleva essere a lieto fine… Diciamo che non è andato esattamente in quella direzione, ma spero vi piaccia!
Conosce la strada verso il mulino a memoria. Dritta fino all’officina del fabbro, poi una svolta a destra, lungo via dell’acciaio e nel suo stretto passaggio tra le case dove alloggiano i soldati con le loro famiglie. Giunta a metà, dove lo steccato a fianco delle stalle si interrompe bruscamente, deve tenersi a sinistra, inerpicandosi all’interno dello strettissimo passaggio tra due case adiacenti. Non avrebbe dovuto esistere, quel passaggio, ma i costruttori avevano commesso un errore nella misurazione e invece di sfruttare i muri esistenti per allargare il caseggiato, avevano finito per erigerne uno nuovo. Ed è una fortuna che sia andata così. Questo pensa la ragazza, mentre le maniche del vestito le sfregano contro i muri ruvidi, grattandone la superficie da entrambe le parti. Non può evitarlo e più tardi troverà una scusa da presentare a sua madre per aver rovinato anche quell’abito, ma deve per forza seguire quella strada se non vuole arrivare in ritardo all’appuntamento. E lei non vuole arrivare tardi. Altrimenti, quando farà ritorno, sarà già calata la notte. e sa bene, come tutti nel villaggio, che è pericoloso restare oltre le palizzate quando arriva il crepuscolo. Al di fuori dei confini, i mostri corrono sulla terra, possiedono zanne e artigli affilati che sono pronti ad affondare nella carne dei ritardatari, degli sciocchi e dei temerari che osano sfidare il coprifuoco. Lei non è nessuno dei tre. Perciò affretta il passo tra le due case, sbucando al limitare del villaggio, a qualche via dalla porta di nord-ovest, nel punto esatto in cui le assi acuminate della palizzata mostrano i primi segni dell’usura. Suo padre ha detto che presto le sostituiranno; quella via di fuga esisterà ancora per poco, ma questa sera è lì per essere attraversata. Con uno sguardo guardingo perlustra la distanza spoglia che occupa lo spazio tra le case e il confine protetto. Nessuno si aggira in quell’angolo del villaggio, è presto per la ronda notturna, e solo gli ultimi raggi di sole si posano su quella figura schiva e un po’ scarmigliata, accompagnandola mentre esce indisturbata dal villaggio natio. Il cuore le batte all’impazzata, suonando forte quanto i rintocchi di un martello su un’incudine, riempiendola di paura ed euforica aspettativa. Presto arriverà al mulino, con la sua grande ruota che scivola placida grazie alla corrente del fiume. La vede emergere attraverso la boscaglia, insieme alla luce che filtra dalle piccole finestre ogivali. È già lì, ad attenderla, proprio come promesso. E presto lei lo raggiungerà, sarà il loro ultimo incontro segreto prima di annunciare la splendida notizia a entrambe le loro famiglie. È così grande la gioia nel cuore della ragazza che i suoi piedi volano; il sangue accaldato le colora dolcemente le guance, trasformandole in due piccole meraviglie simili ad altrettanto splendide mele mature, rosse e succose. I suoi pensieri corrono veloci ai giorni futuri, alla felicità delle aspettative che la attendono in quel mulino. Negli occhi e nelle orecchie ha già vivide immagini e suoni degli eventi ancora là da venire; per lei le campane suonano già a festa, rintoccando a ritmo con la sua felicità. Per questa ragione si accorge troppo tardi del pericolo. L’ululato tra le cime degli alberi le sfugge, così come il ringhio basso del predatore che si annida nella foresta. Non lo sente sfoderare le zanne, né affondare gli artigli nel terreno. Sogna di campane suonate a festa, di abiti bianchi e di un amore da costruire e coltivare. Sogna la sua vita mentre un lupo e il suo padrone emergono dal luogo più oscuro della foresta. Non un suono sfugge alle sue labbra. Tutto accade troppo in fretta perché la ragazza possa accorgersi e reagire. Le sue guance rosse come mele si spengono. Occhi vitrei ora si rivolgono al cielo indaco, sondandone l’immensità e affidandovi i tanti sogni appena spezzati.
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