Buongiorno lettori!
La recensione di oggi, come si evince dal titolo, fa parte del Review Party dedicato a questo romanzo edito da Salani.
Grazie alla CE per la copia digitale del romanzo.
Titolo La ricetta del cuore in subbuglio Autore Viola Ardone Editore Salani Pubblicazione Febbraio 2021 Genere Narrativa Formato Cartaceo (14,90€) ~ Digitale (5,99€) Pagine 320 Acquisto Sito editore
Esiste una cura per guarire le nostre inadeguatezze, i nostri amori sbagliati? Dafne è architetto, vive a Milano, è sicura di sé e indipendente, e cerca questa cura nelle leggi e nei simboli della matematica, provando a calcolare gli algoritmi delle emozioni. Ma la sua infanzia è rimasta nascosta da qualche parte. Non ha ricordi. Qualcosa si è incastrato in lei. Decide di andare da un’analista che le suggerisce di voltarsi indietro per tornare a cercare quella bambina che da qualche parte si è perduta dentro di lei, di tenerla per mano e di provare ad ascoltare la sua voce… Attraverso il filo dei ricordi, la Dafne adulta ritrova la Dafne bambina, la sua città, Napoli, la sua famiglia. Non sarà facile questo incontro, perché quello che Dafne bambina ha da raccontare è ora commovente e tenero come il dolce della domenica, ora inquietante, come incubi in una camera buia… e sarà proprio laggiù, in un’infanzia che ha i colori, i sapori e i suoni del Sud, che Dafne scopre una ricetta, semplice ed efficace come quelle imparate dalle nonne sedute in cucina nei loro grembiuli conditi di odori e sapori. Una ricetta semplice e speciale per guarire dalla nostra inadeguatezza, per ascoltarsi, capirsi, affrontarsi e, ogni tanto, anche perdonarsi.
Dafne vive a Milano, è un architetto davvero brava e la sua mente ragiona per elementi matematici. Vita e sentimenti per lei si esprimono attraverso i teoremi e le figure geometriche, in una sinergia che la porta ad analizzare tutto ciò che le accade attraverso i numeri e le loro operazioni. Anche quando l’esistenza di Dafne prende pieghe improvvise e fuori dalla razionalità del causa ed effetto, è con distacco e freddezza che lei analizza tutto, prendendo le distanze dagli eventi e dalle persone perché è più semplice relazionarsi in questo modo, trattando qualunque cosa e chiunque come il risultato di un’operazione matematica.
Se un problema ha una soluzione, allora non è un problema. Se un problema non ha una soluzione, allora non è più un problema, le aveva detto una volta suo padre. Suo padre era architetto e progettava case. Ne aveva costruite tante, ma la sua l’aveva demolita.
Quando però l’esistenza si complica, mischiandosi con un passato che per lei ha cessato di esistere da tempo e del quale non ricorda nulla prima dei suoi dieci anni, Dafne si trova a dover affrontare problemi che la matematica e la geometria dei sentimenti non sembrano essere in grado di risolvere. Tra sedute di psicanalisi, relazioni fallimentari e adulterine e una famiglia spaccata dal divorzio dei suoi genitori, Dafne si barcamena tra il lavoro e un vissuto personale in bilico sul ciglio del baratro, una vita spaccata dove a risollevarla entrano il collega Martini e la sua attenzione troppo spesso capace di metterla a disagio.
Anche il mio corpo va alla deriva. Vita e morte: la deriva del corpo, che decide di moltiplicare cellule in progressione, fino a dar loro tratti umani o di spegnerle man mano l’una nell’altra, come le finestre di un grattacielo durante un black-out.
La ricetta del cuore in subbuglio è una storia complessa di autoanalisi e di rievocazione del proprio passato per capire come questo abbia condizionato il presente, negando spesso la libertà di inseguire una direzione che sembra riaprire ferite mai del tutto guarite. A livello di messaggio trasmesso, ho apprezzato molto questo romanzo, la sua protagonista spezzata e fragile, come anche il riadattare la geometria, così lineare e concreta, ai sentimenti e alle relazioni, più imprevedibili e ineffabili. Tuttavia, personalmente la narrazione in terza persona nello stile di un quasi flusso di coscienza continuo è stata un po’ difficile da seguire e apprezzare appieno. La scomparsa dei segni grafici dei dialoghi, scelta che rende bene l’idea dell’iperattività della mente di Dafne come se non riuscisse a smettere di pensare nemmeno quando le parlano, rende faticoso seguire lo sviluppo degli eventi. La concentrazione nella lettura deve essere massima e questo non è sempre facile, soprattutto quando si vuole cogliere l’anima del romanzo.
Martini aveva ragione, lei era un’esperta di triangoli, sapeva tutto in materia. Se nel suo piano di studi ci fosse stato l’esame di Fondamenti di Geometria Sentimentale avrebbe strappato anche la lode.
L’incapacità di Dafne di affrontare il trauma vissuto da bambina, come questo condizioni le sue relazioni e il suo approccio stesso alla vita sono gli aspetti migliori del romanzo, che però vengono offuscati da questa immensa trasposizione della voce mentale della protagonista, che soffoca i suoi cambiamenti e rende difficile apprezzarli appieno. Si percepisce la crescita, i tentativi di andare oltre e la paura di riuscirci davvero, ma l’empatia e l’immedesimazione con la protagonista e il suo vissuto sono lenti ad arrivare, il che rende La ricetta del cuore in subbuglio un romanzo che si apprezza da metà in avanti, quando si è capito come trovare il valore del messaggio dietro a una forma forse troppo complessa e intricata.
Oggi vi attendono tante altre recensioni su questo libro, perciò mi raccomando non perdetele 😊 E soprattutto fatemi sapere se rientro nei vostri gusti letterari!
Federica 💋
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