Buongiorno 😊
Questa settimana si chiude con il mio racconto per la Storytelling Chronicles, la rubrica di scrittura creativa ideata da Lara (La Nicchia Letteraria), con design del banner di Tania (My Crea Bookish Kingdom) e che ogni mese torna a proporvi una nuova storia!
A maggio la scelta del tema prevedeva di optare per una delle voci della seguente lista:
1) Incubo 2) Protagonista adatto alla notte del 31 ottobre 3) Ambientazione temporale alla Halloween style 4) Montagna 5) Terza persona di narrazione 6) Immagine in allegato 7) La donna 8) Una storia d’amore appena finita
E io mi sono lasciata tentare dalla terza, quindi – anche se un po’ fuori stagione – vi aspetta un racconto ambientato al 31 ottobre 😅 e con due protagonisti molto… particolari!
Buona lettura!
God was a girl, the Devil wore a t-shirt
Il piede mi tamburella sul marciapiede, il tramonto freddo che penetra nelle ossa e scaccia a picconate quel poco di voglia che mi ha portata fin qui stasera. Per strada i ragazzini umani si trascinano di casa in casa, urla e schiamazzi che li accompagnano mentre tengono d’occhio le loro borse a forma di zucche e le guardano riempirsi. Qualcuno, di tanto in tanto, finisce con il lamentarsi della scarsa ricompensa. Come il ragazzino ciocciottello che mi passa accanto adesso, la maschera da alieno che gli tira attorno al girovita e le labbra appiccicose di zucchero. Lo sento programmare con i suoi amici uno scherzo, uno davvero di cattivo gusto, ed è qui che decido di intervenire. «Perché non cambi idea?» sussurro al suo orecchio, la mia voce che raggiunge soltanto il suo subconscio. «E magari domani ti iscrivi alle lezioni di nuoto private che tua madre ha organizzato.» Lo vedo bloccarsi in mezzo al marciapiede, gli occhi che si abbassano sul suo corpo e poi sul sacchetto straripante di dolci. Passa un secondo, le rotelle che macinano nel suo cervello, e alla fine decide che sì, nuotare un po’ non potrà fargli così male. Quando si allontana sorrido tra me, contenta di aver aiutato un altro umano a scegliere la strada per una buona azione. Il mio piccolo balletto della vittoria però si interrompe quando vedo quello stesso ragazzetto e i suoi amici tornare indietro con dei rotoli di carta igienica. Per poi lanciarli nel giardino da cui si erano allontanati poco fa. «Demon!» La mia protesta viene seguita da una risata bassa, carica di tanta malizia e peccato che anche metà sarebbe bastata a far arricciare le dita dei piedi per il piacere a un comune mortale. A me fa solo venire l’orticaria. «Mi hai chiamato, mia dolce Heaven?» Il sussurro che mi sfiora l’orecchio mi spinge a voltarmi su me stessa, le guance paonazze per la rabbia e la sorpresa mentre lancio uno sguardo risentito al demone maggiore che ha mandato all’aria il mio turno di guardia sulla Terra. Alto, con gli occhi di un verde così puro da ricordare uno smeraldo perfetto e due labbra sempre sollevate in un ghigno provocante, Demon non è solo uno dei più potenti demoni degli inferi, no, è anche l’Erede, colui che assumerà il titolo di Satana quando sua madre deciderà di abdicare. Se si dice “Bello come il peccato” è a causa sua e lui lo è talmente che lascerebbe senza fiato chiunque… Be’, non me. È la mia nemesi e se non lo sapessi mi verrebbe da pensare fosse come una delle tante persone che ci circondano e non hanno idea della nostra esistenza. Incrocio le braccia al petto, uno sbuffo spazientito che mi sfugge quando mi accorgo di quanto stia bene con indosso un paio di jeans neri e la maglietta a maniche corte dei Ramones, uno dei tanti gruppi umani. Ma come fa? Io porto il maglione e gelo lo stesso! «Sei stato scorretto» mi lamento, scansando lo sguardo dal suo corpo per puntarlo sul giovane appena irretito. «Lo avevo già convinto a non farlo.» Lui ride di nuovo, affiancandomi. «E da quando io gioco in modo corretto?» Infila le mani nelle tasche posteriori dei jeans, le braccia allenate messe ben in evidenza mentre lui contempla la sua opera con un’espressione vittoriosa. «Quel ragazzino mi darà grandi soddisfazioni crescendo.» «Non se io farò il mio lavoro.» Dovrà passare sul mio corpo per riuscirci. «Non hai un conflitto o una ribellione da scatenare? O meglio» mi volto verso di lui, esasperata dalla sua presenza, «perché non cerchi una succube con cui passare la serata?» Demon scuote la testa, i suoi occhi che attirano i miei come calamite. «Nah, oggi ho dato al mondo un giorno di tregua. Sai, anche i migliori hanno bisogno di riposare.» Le sue labbra si dischiudono a rivelare due file di denti perfetti, un sorriso carnale e perverso. «Lo stesso vale per le succubi. Le poverette meritano un po’ di tregua, no, Heaven?» Il modo in cui pronuncia il mio nome ricorda la notte, oscura e misteriosa, avvolta in un manto di seta e tempesta, in cui le passioni promettono infinite e piacevoli possibilità. In pratica: un immenso fastidio! «Sei disgustoso» mi lamento e lui ride di nuovo. «Davvero, perché sei qui? A parte darmi fastidio, s’intende.» «Tu perché sussurri alla mente degli umani proprio la notte di Halloween?» ribatte e mi ritrovo a distogliere lo sguardo. Demon, però, non molla l’osso. «Credevo che oggi i cieli fossero tutti in fermento. Sai, vista la giornata.» «Evita.» Non riesco a frenare il fastidio per la sua presa in giro e il pugnale che mi sprofonda nel petto. «So che tu ti diverti, ma per me non è serata, Demon. Adesso scusami, c’è un posto che vorrei visitare.» Mi allontano a grandi passi, la testa china a fissare le scarpe mentre attraverso la cittadina addobbata con zucche, fantasmi e mostri fino ad arrivare al grande campo allestito a labirinto degli orrori. Lascio vagare lo sguardo sull’ingresso e l’amarezza brucia per essere arrivata qui da sola. Perché oggi è il mio compleanno e tutti a casa se ne sono dimenticati. No, non lo hanno dimenticato, ma è passato in secondo piano quando mio padre ha annunciato che, tra sei mesi esatti, inizierà il processo di successione. Tra sei mesi, io, Heaven, unica Erede dei cieli, diventerò Dio. E la prospettiva mi dà la nausea. Cioè, ho studiato, lavorato e fatto i salti mortali per essere degna della mia eredità, ma adesso che ho una data definitiva oltre la quale sarò il centro delle preghiere di tante persone mi sento tremare le ginocchia per la paura. Specie perché Demon, sua madre e buona parte della corte degli inferi parteciperanno alla cerimonia di successione. I nostri regni convivono in pace, ci tolleriamo a vicenda e manteniamo buoni rapporti diplomatici, eppure tutti sanno quanto loro adorino creare scompiglio. Ancora ricordo l’imbarazzo di mio padre quando zio Humble è stato trovato in un angolo appartato con tre succubi… durante la festa per la sua ascesa a spirito superiore! Inutile dire che non è rimasto in quella sfera celeste, nonostante lo zio si sia difeso dicendo che stavano solo parlando, un incontro innocente e senza doppi fini. Lo spettacolo è stato tutto fuorché una chiacchierata e di certo non era innocente. Cieli e inferi adesso sanno descrivere alla perfezione cosa nasconde sotto gli abiti… Mi copro gli occhi, come se servisse a cancellare quel ricordo indelebile. O anche la tristezza per essere qui senza nessuno a tenermi compagnia. «Un labirinto degli orrori?» La voce di Demon suona sorpresa e carica di divertimento. «Che ci facciamo qui, Heaven?» Ovvio, mi ha seguita e non ha intenzione di lasciarmi sola. Che demone fastidioso e irritante. «Io ci entro, tu… tu sparisci.» Demon ride del mio mugugno a denti stretti, ma resta dov’è mentre io mi avventuro tra i corridoi circondati da pareti fatte con dei cubi di fieno e paglia, in mezzo a umani che non mi vedono e che ridono quando da dietro una curva sbuca un manichino spaventoso. La struttura è diversa ogni anno ma sono certa di essere diretta verso il cuore del labirinto. Lo faccio sempre, il giorno del mio compleanno, ma questa è la prima volta che non c’è nessuno ad accompagnarmi. Non che serva; ho un senso dell’orientamento infallibile, io, e appena giro alla mia destra… «Dolce Heaven.» La presenza di Demon mi fa fare un salto all’indietro, la paura che spinge il mio cuore a battere come un forsennato nel sentire la sua voce bassa e accattivante così vicina al mio viso. Un singhiozzo mi sfugge dalla gola e vorrei fosse stato sordo, perché la sua espressione divertita si congela. «Heaven?» chiede e leggo tanta preoccupazione sul suo viso mentre il suo corpo si avvicina. «Non è niente» sussurro, scansandolo e passandogli accanto. La sua mano mi stringe il gomito e sento le lacrime pungermi gli occhi quando mi impedisce di andare via. «Davvero, Demon. Vai a tentare qualche umano, per favore.» Tutto pur di allontanarmi da lui, anche se significa lasciargli fare ciò che dovrei impedire. Sono proprio disperata se non mi importa del destino di qualche povera anima, ma per un attimo solo voglio essere libera di prendermi cura di me stessa, di pensare che tutti si sono scordati del mio compleanno perché non è importante tanto quanto diventare Dio. Lo capisco, certo, sono la prima ad ammettere che sia vero, però… Però… «Non ho intenzione di cantare per te una qualche scemenza di compleanno.» Demon mi sorprende di nuovo, sedendomi accanto quando raggiungo la panchina al centro del labirinto e mi ci lascio sprofondare. «Ma se vuoi lamentarti di quanto sia orribile essere surclassati dagli annunci a sorpresa di Dio, io sono tutto orecchi.» Lo studio di sottecchi, aspettando che scopra le sue carte e mi sveli l’inganno, la clausola per cui poi diventerò la fonte del suo divertimento eterno. Si lascia andare all’indietro, le braccia spalancate e stese sullo schienale, per poi accavallare le caviglie mentre il suo sopracciglio si solleva sotto il mio esame. «Allora?» mi sprona, un guizzo malizioso che gli piega le labbra. «Se lo facessi, sarei egoista e infantile.» «Che ci sarebbe di male? Parlare di me, insieme all’appagamento personale, è ciò a cui aspiro ogni giorno.» Piego le labbra in una smorfia. «Appunto. Ciò a cui tu aspiri, non io.» «E la perfetta, pura e altruista Heaven non può permettersi di essere egocentrica, vero? Neppure nel giorno del suo compleanno, sbaglio?» Vedo il suo corpo tendersi, l’espressione indurita anche se non perde quel ghigno carico di promesse indecenti. «Voi dei cieli siete così perbenisti, così ipocriti.» «Oh, certo» esplodo, contrariata. «Invece voi degli inferi siete dei modelli di onestà, sempre sinceri con tutti.» Ci osserviamo in cagnesco a vicenda, mentre gli umani ci girano attorno senza avere idea del perché a nessuno di loro venga voglia di sedersi sull’unica panchina disponibile. «Almeno noi abbiamo il coraggio di fare e dire ciò che vogliamo» commenta secco, mentre distoglie lo sguardo, soffermandosi sul centro del labirinto e liberandomi dal peso dei suoi occhi.
«Non sempre va così, Demon. E tu dovresti saperlo, sei l’Erede di Satana.» Mi ritrovo a scrutare il suo profilo, esasperata e del tutto presa alla sprovvista dalla sua insofferenza. «Tu hai delle responsabilità e sai bene che non sempre possiamo ottenere ciò che vogliamo.» «Già, sembra proprio.» Si alza, le mani in tasca e il viso scuro per il malumore. Poi lo sento imprecare, le dita che corrono a scompigliarli i capelli castani. «Sai, Heaven, ogni tanto dovresti scendere dal tuo cazzo di piedistallo da maestrina e venire a giocare. Chissà che fare l’egoista non ti piaccia più di quanto credi.» «Con te?» gli chiedo, la voce che gronda sarcasmo mentre anche io mi alzo. «Nemmeno se i cieli dovessero bruciare.» «Ah-ah, divertente.» Si volta e ci ritroviamo faccia a faccia, le punte delle nostre scarpe che quasi si toccano. «Paura di scoprire la verità, dolce Heaven?» «No. So chi sono e la tua esistenza dissoluta non fa per me.» «Dissoluta?» Lo vedo inarcare l’angolo della bocca, compiaciuto. «È così che mi vedi, come immagini che passo le mie giornate?» Sento le guance avvampare. «No, non rientri affatto nei miei pensieri. Ciao, Demon.» Schiocco le dita e mi ritrovo in un bosco appena fuori città, il sole morente che filtra attraverso i rami. Sì, finalmente so… «Pensavi di scappare, Heaven?» domanda il mio tormento, immobile davanti a me dopo avermi seguita. «O cerchi di nasconderti dalla verità?» «Tu» mi alzo in punta di piedi, l’indice puntato contro il suo petto, «sei una spina nel fianco. Mai, ripeto mai, potresti finire tra i miei pensieri, né tentarmi con una delle tue assurde proposte.» «Peccato.» Demon si sporge in avanti, la guancia che quasi sfiora la mia e il suo respiro a solleticarmi l’orecchio. «Sai, se fossi venuta con me, magari avresti passato il miglior compleanno della tua vita.» «Ne dubito» replico, ricordandomi in questo istante quanto fossi triste per essere stata lasciata sola proprio oggi. Negli ultimi minuti non c’è stato spazio per nulla che non fosse il battibecco tra me e questo insopportabile demone. «Allora dovrai accontentarti del mio piccolo regalo, dolce Heaven.» Vorrei chiedergli di cosa parla, ma appena apro bocca Demon scompare nel nulla. Resto da sola in mezzo al bosco, il cuore che batte forte a causa di quell’essere irritante e perverso, ma quando porto la mano al petto per cercare di calmarmi, capisco cosa significavano le sue parole. Perché attorno all’indice della mano sinistra, quello che ho puntato contro di lui, scorgo un anello d’argento mai visto prima, la fascia larga e mascolina che mi avvolge il dito e mi ricorda in tutto e per tutto l’insopportabile demone appena svanito nel nulla. Lo faccio controvoglia, tuttavia mi ritrovo a osservarmi la mano con incanto, un sorrisetto appena accennato sul viso. Questo si che è un giorno memorabile. Demon è riuscito a sconvolgermi la giornata. E non è stata un’esperienza negativa.
Spero che Heaven e Demon vi siano piaciuti 😊 Una piccola curiosità: il titolo – e da cui arriva parte dell’ispirazione – è una strofa di love race, l’ultimo singolo dei Machine Gun Kelly.
Se vi va, e mi farebbe super piacere, fatemi sapere come vi è sembrato questo nuovo racconto!
Federica 💋
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