Ciao a tutti!
Siamo quasi arrivati alla fine del mese e diversamente dagli altri appuntamenti sono riuscita a partecipare alla Storytelling Chronicles (la rubrica di scrittura creativa creata da Lara de La nicchia letteraria e con la grafica di Tania di My CreaBookish Kingdom) soltanto oggi! Diciamo che sono sul filo del rasoio, ma non perché il racconto non fosse pronto (l’ho finito il 1 luglio, fate voi 😅). Tra recensioni e segnalazioni varie, praticamente mi sono ridotta ad oggi per postarlo. Spero ne sia valsa la pena attendere così tanto prima di pubblicarlo! Sì sa, la maturazione nel tempo a volte fa bene.
Ad accompagnare la stesura di questo mese più che è un tema, c’è stato un incipit comune. La traccia iniziale infatti doveva essere
Afferro al volo il pezzo di carta stropicciata che il vento ha trascinato fino ai piedi della panchina; acciuffato, lo apro e ne leggo il contenuto. E nell’esatto istante in cui quella serie di lettere, messe una dopo l’altra precisamente in quell’ordine, attraversano i miei occhi e arrivano nella testa e da lì, in una corsa impetuosa, dritte al cuore, il tempo si ferma.
Oppure
Afferra al volo il pezzo di carta stropicciata che il vento ha trascinato fino ai piedi della panchina; acciuffato, lo apre e ne legge il contenuto. E nell’esatto istante in cui quella serie di lettere, messe una dopo l’altra precisamente in quell’ordine, attraversano i suoi occhi e arrivano nella testa e da lì, in una corsa impetuosa, dritte al cuore, il tempo si ferma.
E questo è il risultato.
Afferro al volo il pezzo di carta stropicciata che il vento ha trascinato fino ai piedi della panchina; acciuffato, lo apro e ne leggo il contenuto. E nell’esatto istante in cui quella serie di lettere, messe una dopo l’altra precisamente in quell’ordine, attraversano i miei occhi e arrivano nella testa e da lì, in una corsa impetuosa, dritte al cuore, il tempo si ferma.
Può una bocca uccidere? Se di amore si muore, a chuisle, il tuo sorriso negato è la lama che il petto mi squarcia.
Possono degli occhi uccidere? Quando distogli il viso, a chuisle, tu lasci annegare un disperato che l’aria della tua anima anela.
A chuisle, la ragione per cui il rumore al centro del mio petto è un cuore che batte. Può a chuisle uccidere? Un volto amorevole, un sorriso tenero anfratto di un sentimento che devasta nella sua crudele, insensata assenza.
Cerco la direzione da cui il foglio è arrivato. I miei occhi si alzano, su, sempre più su, verso il cielo e il ponte che attraversa il fiume lungo cui ho cercato rifugio. Altri fogli volano nell’aria e tra di loro, schiacciato sul parapetto in ferro del ponte, emerge la figura di un uomo. Sono troppo lontana per vederlo in viso, ma bastano i suoi movimenti concitati, la furia con cui quelle mani strappano i fogli da un piccolo quaderno in pelle e li gettano nel vuoto, per trasmettermi l’idea di un animo tormentato. Decine di pagine fluttuano nell’aria tersa e fredda di febbraio, scivolano giù, sempre più giù, fino a gettarsi nel fiume che, ignaro della vista sopra di lui, le accoglie nel suo abbraccio eterno, soffocante di gelida indifferenza. Abbasso di nuovo gli occhi sulla pagina, la sola che sia riuscita a sfuggire a quel naufragio di parole e tormento. Sfioro ogni tratto, lo assimilo, incidendo quei sentimenti nella mia mente, perché nel mio cuore già albergano da tempo. E, su tutto, sono otto simboli a devastarmi l’anima, un articolo e un nome che sussurrano al mio spirito promesse mancate e speranze facili da alimentare. Facili da distruggere. A chuisle. Tesoro. Amore. Mia adorata. Ma qualcosa di ancora più tenero. Di più vitale. A chuisle mo chroí. Il battito del mio cuore. Quante volte ho udito la sua voce sussurrare queste parole? Troppe per poterle rammentare tutte. Quante volte le ha dimenticate, per addossarmi colpe che non erano soltanto mie? Troppe per poterne ignorare alcune. Eppure il sentimento è ancora vivo dentro di me, una rosa dai petali di seta e lo stelo di metallo, le cui spine affondano nel mio di cuore. Lo fa sanguinare e lo accarezza per lenire il dolore, tutto in un unico ansito di vita che mi riporta a ieri, a quei giorni che so non vivrò mai più. Mi riporta alla gioia e al dolore di un amore che mi ha dato tutto. Che mi ha tolto tutto. E che di me non ha lasciato altro se non questo mio corpo distrutto. Ho occhi stanchi di lacrime aride, stanchi di desideri impossibili da realizzare e sogni che hanno la dolcezza e il tepore della primavera, ma nascondono l’aridità di un inverno impietoso. Sono stanchi di affrontare tempeste e tormente, quando erano stati promessi loro colline erbose e oceani di gioia. Hanno esaurito ogni goccia di disperazione e si sono asciugati a contatto con il bruciante risentimento per accuse che non meritavano, per sospetti che non avevano nemmeno osato immaginare. Le mie dita si aprono, arpioni che liberano la carta, con le sue parole strazianti e i ricordi di un passato che ha mandato in frantumi tutto ciò cui tenevo. Quelle parole corrono, il vento le porta a inseguire le loro sorelle nell’acqua grigia e indifferente; il rettangolo bianco volteggia prima di svanire sotto la superficie torbida, cancellato dall’esistenza ma non dai ricordi immateriali. Si dissolve e il vincolo che stringe il mio cuore si allenta, alleviato dalla scomparsa della prova tangibile di ciò che sono stata un tempo. Di ciò che siamo stati, lui e io. «A chuisle.» Non importa come mi abbia trovata. Non importa che, dopo tutta la sofferenza provata, la sua voce riesca ancora a smuovere certe corde segrete, corde che soltanto lui ha saputo trovare e suonare in una vita intera. Non importa averlo visto gettare al vento mesi interi, fatti di parole vergate alla ricerca di un senso per spiegare la fine di ciò che credevamo fosse amore. Quei fogli erano poesie nate senza pace, perché la pace è ciò che lui ha negato a entrambi scrivendole, ponendo il punto alla fine della frase formata dall’unione delle nostre esistenze. «A chuisle?» Una domanda questa volta, incerta, soffocata dall’inquietudine mentre mi rifiuto di guardarlo avvicinarsi. Mentre mi rifiuto di riconoscere la sua presenza quando si ferma accanto alla panchina ed esita. Non si siede. Il suo corpo trema dal desiderio inespresso di sedere al mio fianco, eppure si trattiene, bloccato dalle rigide catene del senso di colpa. E io non lo guardo; non infrango la parete di vetro che ci separa, fragile, invisibile, eppure invalicabile. «No.» Una sola risposta, molteplici domande inespresse da soddisfare. No, non credo più a quel sentimento. No, ciò che ha fatto non basta a cancellare il dolore e il tradimento per averlo visto cercare in un’altra ciò io gli ho donato senza riserve. No, non so se qualunque suo gesto basterà mai a dimenticare che ogni parola d’amore si è trasformata nel più devastante dei tormenti. No, non sono ancora pronta a pensare a lui per come lo vedevo un tempo. È ancora la causa dei mio cuore ridotto a brandelli, milioni di pezzi di un puzzle scombinato e senza più tasselli di giunzione. Due lettere, una parola. Non ho il suo stesso dono dell’eloquenza, ma tanto mi è bastato per tacere ciò che crede di dovermi chiedere, per impedirgli di insistere affinché forzi un cammino verso una meta che, al momento, potrebbe persino portarmi per sempre lontana da lui. I suoi occhi disegnano percorsi sul mio viso. Li sento scavare strade là dove le lacrime hanno scavato la mia pelle nei mesi scorsi, cercando segni di una decisione che ancora non riesco a prendere. Che forse non sarò mai capace di prendere. «Aspetterò finché sarà necessario.» Non rispondo. Potrei dirgli che sarebbe inutile, che potrebbe marcire nel mio stesso inferno se davvero si aspetta un cambiamento di qualche tipo. Ma taccio, incapace di rompere quest’ultimo filo che ci lega, che avvolge i frammenti della mia anima e impedisce loro di andare davvero alla deriva. Taccio, mentre i miei occhi vagano sulla superficie dell’acqua, saltando tra pagine nere di inchiostro e onde grigie, tra battelli fumanti e raffiche leggere di vento. Un giorno troverò una replica adatta alla sua volontà di attendere un cuore che non possiede più nulla. Un giorno ci riuscirò, lo so. Ma non oggi.
Fine! Se volete lasciarmi un commento, sarò felice di leggervi e rispondervi qualunque siano le vostre impressioni su questa mia nuova storia!
Federica 💋
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