Buongiorno!
Torno con un nuovo racconto della Storytelling Chronicles, stavolta per la tematica di marzo! Riprendo anche con il protagonista principale conosciuto a gennaio e che proseguirà per il resto dell'anno con le sue avventure.
Ecco quindi una nuova avventura del cacciatore di demoni Zain, una che doveva seguire i seguenti punti:
1. Inserire una scena d'amore (esempi pratici: un bacio, un abbraccio, ecc.) che NON DEVE vivere il protagonista.
2. Inserire una scena d'odio (esempi pratici: una rissa, insulti che volano, body shaming, ecc.) che NON DEVE vivere il protagonista.
3. Inserire una scena malinconica (esempi pratici: il richiamo a un ricordo doloroso che ancora ferisce, rendersi conto di non essere abbastanza, ecc.) che DEVE vivere il protagonista.
4. Inserire una scena che voi stesse avete vissuto nella vita reale, ovviamente contestualizzata a dovere rispetto il vostro racconto.
5. Inserire almeno una frase atomica.
6. FACOLTATIVO: inserire, a mo' di flusso di coscienza, un pensiero filosofico proprio del protagonista (esempi pratici: cosa pensa del razzismo, cosa pensa della cultura woke, cosa pensa dell'omofobia, cosa pensa del politically correct, ecc.), tenendo conto anche di quanto state raccontando nella vostra storia.
Per la squadra rossa, ci sono anche i seguenti elementi:
7. Il protagonista deve introdurci all'ambientazione spaziale: cosa si trova nel quartiere dove è in questo momento? Cosa vede? Deve "raccontare" la vita che osserva.
8. Accennare a UN SOLO personaggio secondario che è apparso nel primo capitolo, senza però inserirlo fisicamente.
9. Mantenere approssimativamente la stessa lunghezza del primo capitolo per evitare di creare un fastidioso disequilibrio.
10. FACOLTATIVO: inserire un solo paragrafo (MASSIMO 250 PAROLE) in cui il pov viene cambiato (se state scrivendo in prima persona, scrivete in terza mantenendo sempre il focus sul main character; se invece state adottando la terza, date finalmente voce al personaggio principale con la prima persona).
Indovinate un po'? Ho utilizzato e rispettato tutti e 10 i punti, compreso il numero di parole (è pressappoco uguale, solo 500 parole in più 😆). Ora non vi resta che scoprire questa nuova puntata!

La strada è stata sgombrata, i curiosi allontanati e grandi teli riflettenti nascondono quest’angolo del quartiere da chiunque sembri non capire che deve starsene alla larga, verkas.
Eppure i miei occhi restano fissi su quelli sbarrati della demone riversa a terra, le iridi violacee immobili e vitree.
Oppim è morta.
Solo due giorni fa la vedevo baciare il suo compagno alla festa per il loro galiga e adesso questo.
Verkas.
«Tu sei K’jeo Zain?»
Ruoto la testa verso destra, gli occhi a sezionare le gambe equine della demone appena arrivata. Metà umana e metà cavalla, mi osserva dall’alto verso il basso con un’espressione dubbiosa.
«Sono io.»
«Truceply Howgarde. Mi hanno affidato il caso stamattina. Sarò la tua referente con il corripa di Yunia ovest.» Sposta gli occhi sulla demone. «Povera femmina.»
«Il suo nome è… era» mi correggo, la voce rotta, «Oppim Kassan. Era una Succube.»
«La conoscevi.» È brusco il cenno con cui riporta l’attenzione su di me. «Quanto bene?»
«L’altro giorno ero al suo galiga.»
«Oh.»
«Esatto.» Mi alzo finalmente in piedi e muovo un passo indietro dalla scena del crimine. «Ho chiesto di essere io a informare il suo compagno. Lo distruggerà in ogni caso, ma meglio un amico di un corripa. Senza offesa.»
«Vorrei lo stesso anche io, se fossi nei suoi panni.» Gli zoccoli anteriori raschiano il cemento del marciapiede. «Se posso essere indiscreta, perché è stato chiamato un k’jeo?»
«Le sue ferite e il luogo in cui è stata ritrovata corrispondono al metodo preferito usato dal demone a cui sto dando la caccia. È un Kashawa, sfuggito alla cattura nel Degran perché ha ucciso tutta la squadra di agenti mandata a cercarlo.»
Howgarde rabbrividisce, le spalle scosse per un singolo istante. «Ho sentito parlare del caso. Non credevo arrivasse fino a Yunia.»
«Non è affatto una sorpresa. Il Kashawa sembra essere uno dei più fedeli sicari di Hol’elka e se le voci sono vere, ha giurato che avrebbe dato la caccia a chiunque gli fosse stato assegnato come k’jeo.»
Dunque Oppim è morta anche a causa mia. Ho richiesto io questa caccia, per ottenere il mio primo anello Tret’jake. Servono cento cacce completate con successo per ottenerlo e più Tret’jake un cacciatore possiede, più alto è il suo rango.
Crescere con Yalis e i suoi otto anelli ha reso me e Xalon affamati di eccellere. È stata un esempio e una madre amorevole, anche con il bambino umano che le è apparso nel salotto per sbaglio e non è più riuscito ad andare a casa.
Mi riscuoto davanti alla demone equina, la cui attenzione è rivolta al corpo di Oppim. Ha gli occhi fissi su di lei, le iridi offuscate nel mettere in pratica le abilità della sua specie. Divinazione e lettura del passato, non sempre accurata purtroppo.
«È stata uccisa sedici ore fa, dopo un inseguimento da…» Esita, il capo ruota a destra e sinistra mentre una zampa scalpita. «Quella direzione.»
Punta alle mie spalle e un oscuro presentimento mi attraversa. Perché il corpo di Oppim è stato ritrovato appena dentro i confini di Calisphera, un quartiere di lusso e di famiglie agiate di Yunia ovest, ma in una zona periferica, una che collega a un vecchio quartiere di ricchi demoni ora in mano a uno solo di loro, che ne ha fatto il suo regno indiscusso.
«Sai cosa dobbiamo fare adesso agente Howgarde?»
«Truce» mi corregge. «E sì, devo richiedere un permesso per…»
Deve essere il mio ghigno poco rassicurante a interromperla. Le sue zampe scalpitano perché ha capito. Una caccia autorizzata da un mirraj supera qualunque autorizzazione e limite. L’hanno affidata al mio caso su mia richiesta proprio perché sapevo che con le sue abilità avrei velocizzato la caccia e impedito altre morti come quella di Oppim.
«Puoi davvero farlo? Entrare senza…»
«Oh, sì. E se non bastasse, il suo proprietario e io siamo vecchie conoscenze.» Estraggo il comunicatore dalla tasca e lo avvicino all’orecchio, un ultimo cenno alla corripa. «Fatti trovare ai cancelli della casa dei k’jeo oggi alla terza e chiedi di me. Ci andiamo insieme da lì. Abiti civili, Truce.»
Si liscia la divisa sulla parte umanoide e annuisce.
«Alla terza.»
Ottimo. Ora devo fare l’ultima cosa che avrei mai voluto.
Chiamare il compagno di Oppim e sperare che non decida di dare la caccia al suo assassino da solo prima di raggiungerla nelle Teessalline, l’aldilà promesso ai demoni dal loro signore ancestrale, Lovus.
*
«Vengo anch’io.»
«No.» Tengo le braccia serrate al petto e non cedo di una virgola. «Ti ho informato su cosa c’è in ballo solo perché sei un cacciatore.»
«Era la mia compagna.»
«È la mia caccia, Agam, e non ti vedrò ammazzato prima del tempo. O espulso dall’ordine per esserti intromesso.»
«Zain.» Implora un aiuto che non posso dargli. «Era il mio tutto.»
Serro la mascella al sentire la sua voce spezzarsi, gli occhi cremisi del demone guerriero umidi di lacrime e dolore che rimangono racchiusi al loro interno. Devo bloccare il mio stesso corpo per non avvicinarlo e poggiargli una mano sulla spalla. Lui, come retaggio della sua specie, non è incline alla compassione e al farsi consolare, soprattutto non quando ha appena perso l’altra metà della sua anima.
I demoni hanno una concezione più libera dei rapporti rispetto agli umani di Altro Mondo, ma quando trovano i propri compagni e portano a termine il galiga, il rituale per sancire l’unione dei loro spiriti, allora non esiste più nessuno la cui vita sia più preziosa.
Più a lungo dura il galiga, meno può sopravvivere chi perde il proprio compagno. Agam non morirà domani, ma si spegnerà lentamente nel corso dei prossimi anni, se è fortunato. Conoscendolo, preferisce dare la caccia all’assassino di Oppim e morire nel tentativo di portarlo con sé che aspettare.
Lo capisco e tengo molto alla riuscita della caccia per lui, non più per il riconoscimento che otterrò alla fine. Un anello non ha alcun valore, non davanti alla perdita che ha appena subito e al dolore che lo spezza.
«Lo fermerò per te. Per Oppim.» E poiché non ha reagito, mi obbligo ad aggiungere: «Pagherò io per entrambe le vostre cerimonie, così raggiungerete le Teessalline con tutti gli onori».
Solleva la testa e mi squadra come se avessi appena detto di aver visto Nokta e il suo compagno. La demone ancestrale non ha forma e sarebbe impossibile, la triste meraviglia di Agam un pugno al petto.
«Non devi.»
«È colpa mia se è arrivato a Oppim.» Una verità straziante che mi fa dubitare della mia scelta, della sicurezza con la quale mi sono buttato in questa caccia senza riflettere sulle sue conseguenze. Sento la voce rauca nell’aggiungere: «E Acent è in debito con me. Mi aiuterà a trovarlo».
Un colpo alla porta anticipa l’ingresso di un inserviente. Sonda la stanza con lo sguardo fino a poggiare gli occhi su di me, lo stupore per avermi trovato quasi nascosto dietro la porta veloce a sparire del suo viso.
«K’jeo Zain, una corripa chiede di lei ai cancelli.»
Annuisco e aspetto che richiuda la porta alle sue spalle prima di riportare l’attenzione su Agam.
«Mi accompagna una demone Sassima.»
«Una fersha equina?» Arriccia le labbra scure e scuote appena il capo. «Ti sarei più utile i…»
«È risalita al quartiere di Acent solo guardando il cadavere di Oppim» lo interrompo brusco, infastidito dal suo tono giudicante. «Senza offesa, ma preferisco avere lei accanto, così da sapere in anticipo dove cercare, invece di doverti tenere d’occhio in ogni singolo istante.»
Sono duro e fin troppo scortese, tuttavia detesto i pregiudizi che i demoni cosiddetti purosangue nutrono nei confronti di chi non lo è. Non tutti sono razzisti, e Agam non ha mai dimostrato di esserlo prima d’ora, ma nell’ultimo anno ho sviluppato una grave intolleranza verso chiunque giudichi gli altri senza conoscerli. Da quando sono diventato un k’jeo ufficiale, mi sono sentito chiamare fersha così tante volte da essere decisamente stanco di sentire quella parola, persino quando è rivolta a qualcun altro.
«Adesso vado, ma lo saprò se metterai piede nel quartiere di Acent.» L’avvertimento risuona nella stanza come la velata minaccia che è. «Non immischiarti e andrà tutto bene.»
Dovrei restare e assicurarmi che Agam comprenda quali conseguenze avrebbe il suo interferire con la mia caccia, tuttavia non posso fare tardi e lasciare ancora a piede libero il Kashawa. Lascio la stanza senza aggiungere altro e percorro a passi rapidi il breve corridoio che mi riporta all’ingresso e da lì ai cancelli esterni della K’jeiba, la residenza ufficiale del mio ordine. Truce mi attende dall’altra parte, il corpo imponente mosso avanti e indietro lungo il marciapiede.
«Non dirmi che sei in ansia» scherzo a mo’ di saluto, prima di rivolgere un cenno al k’jeo di guardia e avvicinare la giovane demone. «Oggi faremo solo una visita esplorativa.»
«Il mio capo non ha nemmeno voluto sapere se ci sono stati sviluppi nel caso» afferma esasperata. «Mi è bastato accennare a dove sarei andata oggi per farlo rintanare nel suo ufficio.»
«Sì, la nomea che circonda Acent Fon può fare quell’effetto. Meglio così: meno il tuo capo sa, più libertà di azione hai.»
«Libertà d’azione?» indaga, gli occhi ridotti a fessure sottili. «Perché dovrebbe servirmi?»
Mi stringo nelle spalle, la tensione accumulata nella stanza con Agam un crepitio lungo la nuca che mi sforzo di allontanare.
«Non si sa mai, non nel territorio di Acent. Potresti essere coinvolta in una rissa e allora sarai contenta che il tuo capo non ne sappia nulla.»
«Prevedi di scatenare una rissa?»
«Io no.» Un mezzo ghigno mi sfiora le labbra. «Ma non posso garantire che Acent non lo faccia. Lo conosco e mi deve un favore, ma potrebbe essere incline a non rispettarlo, non subito.»
«Sarei dovuta venire armata.»
«Lo sono io per entrambi.» Non devo neppure muovere le dita per farle dirottare lì lo sguardo. Un k’jeo capace di utilizzare la magia di Altro Mondo non passa inosservato, soprattutto non uno alla soglia delle cento cacce tanto in fretta. «Ma spero di non dovermi esporre tanto.»
*
Acentown è un covo di demoni che sarebbe meglio tenere a distanza, creature abituate a soddisfare i loro bisogni senza curarsi di ciò che possono o no fare, a ignorare le leggi e la morale demoniaca comune. Esseri come quello che ci avvicina dopo aver solo mosso qualche passo nella zona di Acent. Un Valaki, arti superiori doppi e adornati da fasce dorate e simboli a classificarlo come un trafficante di schiavi.
«Quanto vuoi?»
Gli occhi grandi e verdi non si staccano dalla corripa, la sezionano e studiano quasi fosse un pezzo di carne senza volontà propria. Un atteggiamento che la infastidisce, le labbra contratte in una smorfia disgustata. Perché anche se sta guardando lei, è a me che il demone schiavista ha rivolto la domanda e Truce lo ha capito.
«Non è in vendita.» Il tentativo di liquidarlo lo infastidisce, ma ho altro da fare. «Prima che tu insista: sì, ne sono certo.»
«È una fersha equina. Non può valere tanto.»
Verkas, detesto i demoni come lui.
«Posso…»
«No» interrompo Truce e le scocco un’occhiata di traverso nella speranza che comprenda. «Il demone adesso ha finito.» Serro le braccia al petto, una corrente cremisi a percorrerle per avvisarlo. «Non è così?»
Lui passa in rassegna ogni spasmo di magia e accenna a un mezzo ghigno nel sollevare le quattro mani. «Sei fortunato, nagka. Se Acent non ti avesse classificato come intoccabile, sareste finiti entrambi alla mia prossima asta.»
Nagka. Umano.
È uno dei pochi ad avermi chiamato così da che sono giunto nel mondo demoniaco.
«Acent non ha detto lo stesso su quelli come te.» Le spire di magia si intensificano. «Sparisci prima che decida di riscattare anche la tua taglia.»
«Non puoi.» La sua espressione si rabbuia, e nonostante abbia negato si concede un passo indietro. «Una caccia soltanto, lo sanno tutti.»
«Nessuno è speciale come me.» Lacci cremisi mi circondano le spalle, la nuca, risalgono fino a tuffarsi nei capelli e ad attorcigliarsi attorno alle corna nere sulla mia testa. «Quale umano conosci che possieda anche queste?»
«Nessuno» si intromette una voce nuova, la presenza veloce a occupare la scena e a concentrare l’attenzione su di sé. «Per questo sei il benvenuto a casa mia, K’jeo Zain.»
Basso, tarchiato e con due zanne ricurve a fargli sporgere il labbro inferiore verso il basso, il demone della cupidigia mi riserva un cenno di saluto con il capo mentre lascia il vicolo da cui è emerso e si sistema alla mia sinistra. Un Galb e un demone mai visto prima lo seguono, guardie del corpo grosse, muscolose e attente a tutto mentre il loro capo sistema una delle mani grassocce nella tasca del gilet verde scuro.
«Geazz, Zain. Dove vai tu, si scatena sempre qualche tragedia.»
«Sono appena arrivato. Non incolparmi anche quando non ho fatto nulla.» Libero una mano e la porgo al nuovo arrivato. «Bello trovarti in salute, Acent.»
«Bello vedere che mi hai portato un regalo?» chiede nel ricambiare la stretta, lo sguardo sempre incollato al mio.
Di sfuggita vedo Truce irrigidirsi, uno zoccolo sollevato e abbassato in un rapido scatto.
«Non è lei, se te lo stai chiedendo.» Frugo nella tasca della giacca e ne afferro una scatola grande a malapena per contenere un anello. Non sarà un oggetto di grandi dimensioni, ma sufficiente ad affascinarlo spero proprio di sì, visto che viene da Altro Mondo. «Per te.»
È un suo tirapiedi a recuperare la scatola. La apre e gli mostra il contenuto, gli occhi di Acent lucenti di soddisfazione per una frazione di secondo. È veloce, tanto da sparire in fretta e far tornare la facciata impassibile che lo ha reso famoso.
«Racconta.»
Trattengo a stento il ghigno di soddisfazione. «È un anello di Altro Mondo, requisito a un demone della guerra durante la mia terza caccia. L’idiota ha effettuato un passaggio non autorizzato e si è ritrovato una taglia sulla testa. A ogni modo, un gioiello come quello viene dato all’eroe più forte e potente, colui che ha distrutto tutti i suoi avversari.»
«Un eroe?»
Del football, ma a Acent non deve interessare più di tanto, perché basta un mio cenno affermativo per fargli scattare la mano verso il demone e ordinargli di metterlo via.
«Un dono apprezzato.» Torna a concentrarsi su di noi. Su Truce, in particolare. «Certo, mai quanto una Sassima.»
«Non sono in vendita, e di sicuro non sono un dono.»
La replica stizzita e ferrea fa sorridere Acent. Non è mai un buon segno.
«È qui per aiutarmi nella mia caccia» intervengo, le spirali rosse di magia ancora aggrovigliate tra le ciocche di capelli e attorno alle corna. «Confido possa godere del mio stesso trattamento.»
«Aaaah, mi chiedi molto, Zain. Per un favore del genere deve valerne la pena. Cato saprebbe dirti con precisione quanto costa una Sassima come lei al mercato degli schiavi.» Accenna con la testa al primo demone che ci ha avvicinati. «Non è così?»
«Oh, sì.» Gli occhi la passano di nuovo in rassegna come fosse un pezzo di carne senza spirito, un oltraggio che fa innervosire anche me, non solo Truce, soprattutto quando aggiunge: «Nel Degran quelli come lei si vendono a caro prezzo. Si fanno tanti kupra, con la fersha equina».
«Peccato che questa fersha sia del tutto fuori dal giro» mette in chiaro la diretta interessata. «Sono…»
«Truce, basta così» la interrompo, prima che possa anche solo dire qualcosa di più. O peggio: prima che informi tutti del suo essere una corripa. «Acent sa che vale sempre ascoltare le mie offerte. Vero, Ace?»
«Se ho il mio tornaconto, certamente. Ma qui non hai ancora illustrato nulla che vada a mio vantaggio. Un anello non soddisfa di certo le tue pretese.»
«E la metà della ricompensa per la caccia che ho in corso? Questo ti soddisfa?»
Si ferma, la riflessione scolpita sul suo grugno sotto forma di un cipiglio scontroso. È una una proposta quanto mai azzardata, perché anche se la cifra che mi spetta una volta catturato e consegnato il Kashawa è ben nota, spartirla prima ancora di averla tra le mani è un rischio che non credo di potermi permettere.
Non dopo aver visto cos’è disposto a fare il demone per mettermi alle strette.
«Mm, è interessante. Mi chiedo, però, cosa facciate qui se sei nel bel mezzo di una caccia.»
Se la vuole giocare così, dunque. «Il Kashawa è a Yunia.»
«Davvero?» Acent si finge scioccato, tuttavia non mi sfugge la posa rigida di una delle guardie. «E credi che sia qui, nel mio territorio? Geazz, Zain. Rischi di sembrare ridicolo.»
«Me lo hanno confermato le sue abilità.» Punto il pollice verso Truce e lei stringe le braccia al petto. «E le guardie appostate sui tetti degli edifici qui attorno.»
«Quali guar…»
Sollevo l’indice e tanto basta alla magia per scattare. Decine e decine di voragini si aprono sopra le nostre teste, crateri da cui piovono demoni gobbi e sgraziati, le labbra aperte per emettere una cacofonia di grugniti insoddisfatti. Quando i varchi si richiudono, li tengo tutti immobilizzati sull’asfalto, l’attenzione concentrata sul loro capo.
«Queste guardie, Acent, le stesse che hai fatto sistemare in tutto il quartiere mentre Cato avrebbe dovuto distrarmi con la faccenda degli schiavi.» Trattengo il sogghigno solo perché ancora non è tempo di esultare. «Non che sia servito a molto, tranne che ad annoiare me e a far incazzare la mia accompagnatrice. Quindi, come ci regoliamo?»
«Ho un solo credo, Zain.» Il demone arriccia il labbro superiore. «Non farò un’eccezione. Non per te, né per i k’jeo. Men che meno per una corripa.»
«Vince il denaro.» Annuisco, per nulla stupito che sapesse sin dall’inizio chi è Truce . «Quanto ti ha offerto il Kashawa?»
«Lui nulla. È stato il suo signore a pagarmi.»
Kevras.
Impreco anche a mezza voce e Acent ride di me, un suono sguaiato e del tutto privo di allegria.
«Credevi davvero che sarebbe stata una caccia come tutte le altre?»
«No, so che è diversa.»
Solo non immaginavo che Hol’elka si spingesse a tanto per proteggerlo. È uno dei demoni più antichi e il padrone di tutto il Degran, ma impedire una caccia è un reato anche per lui. Eppure è disposto a correre il rischio per proteggere il suo sicario, e per assecondare la sua minaccia a qualunque k’jeo sulle sue tracce.
Questo mi porta a una novità che finora ho finto di non notare per capire quanto male si potesse mettere per me e Truce. Anzi, due novità, se la mia magia non mente.
«Che fine ha fatto il demone Llolka della tua scorta, quello con la lingua lunga?» chiedo a Acent, un sopracciglio sollevato.
«Si è preso una vacanza… permanente» taglia corto. «Cosa c’entra?»
«Vedi» allungo una mano nella tasca dei pantaloni per recuperare il mio tesserino, «tra le caratteristiche del Kashawa ce n’è una interessante. Te la leggo.» Attivo lo schermo, un tenue ghigno sulle labbra anche se i demoni a terra iniziano a opporre resistenza e a darmi noia. «Akisha Nork’jea appartiene a una delle tribù tuttora in guerra con i Llolka, una il cui spirito di vendetta e d’odio rasenta quasi la follia. Ha sterminato ingiustamente ben oltre cinquanta demoni.» Sottolineo il modo con un’occhiata eloquente a Acent. «Vedo che però hai già un rimpiazzo per la sua vacanza per…»
Inclino la testa all’ultimo, la magia svelta a mettermi in guardia e a…
Wooosh.
Un sibilo d’aria mi sfiora la guancia, il bruciore ad accendermi lo zigomo mentre un rivolo di sangue cola sulla pelle. Caldo, denso e rosso, un sentiero a coprirmi fino al mento mentre il caos esplode e Acent si dilegua da dov’è arrivato.
Immagino che la nostra tregua sia appena finita, non che mi interessi, kevras. Non cerco neppure Truce per sapere se se la può cavare da sola. No, a occupare la mia attenzione è il sorriso crudele del secondo demone di guardia, la pelle grigia contratta attorno ai muscoli e le dita occupate da una serie di pugnali, armi pronte a essere lanciate come quella che mi ha ferito di striscio.
«Pronto a morire, k’jeo?»
Non attende una risposta. Si getta in avanti, il corpo rapido nonostante la mole, e saetta nella mia direzione con precisione letale, le lame puntate verso punti vitali. Scatto indietro, lampi rossi a esplodermi attorno per spostare i demoni e usarli come diversivo, una barriera che il Kashawa intercetta e supera quasi sapesse in anticipo ogni mia mossa.
Scavalca e trafigge i corpi, demoni ai quali le ferite trasformano l’incarnato in un verde malsano e nauseante. Veleno, con ogni probabilità dello stesso tipo prodotto dal suo signore, lo stesso che deve aver ricoperto anche la lama che mi ha lacerato lo zigomo.
«Dunque è vero. I fersha come te ne sono immuni.» Il suo ghigno malevolo si allarga quando estrae la lama dall’ennesimo corpo. «Allora, troverò un altro modo per portare la tua testa nel Degran.»
«Chi porterà l’altro da qualche parte sarò io.» Afferro il pugnale sistemato attorno alla coscia e lo passo da una mano all’altra per studiare la sua reazione. «Meriteresti la morte per ciò che hai fatto alla mia amica.»
«La demone Succube? Oh, il suo dolore aveva un gusto così dolce. Chissà che sapore ha il tuo.»
«Immagino non lo scopriremo mai.» Sistemo l’arma nella mano sinistra, la magia ad avvolgermi il braccio destro fino alle dita, in attesa del momento giusto per essere scatenata. «Cadrai, Akisha Nork’jea. È una promessa.»
Una che mi impegno a mantenere nella sequenza di colpi contro il demone, affondi e slanci con il pugnale che quasi mai trovano la sua carne. È esperto e letale, non che mi aspettassi altro da lui, non con la fama che lo precede. Trovarmelo davanti è diverso, però, una concretezza che mi mette in ginocchio un paio di volte e mi porta a utilizzare la magia per rimettermi in piedi subito dopo.
«Fersha» sogghigna compiaciuto. «Sarà un piacere guardarti gemere per le torture che ti infliggerò. Uno spettacolo senza precedenti.»
«Non credere…» Un grido strozzato attira la mia attenzione. «Kevras!»
È Truce, costretta a terra dallo schiavista. Le tiene un pugnale alla gola, un cenno beffardo a solcargli la faccia nonostante sia evidente che non è stato per nulla facile sottometterla.
«Giù la armi, o la corripa muore.»
«Non. Osare» intima lei, subito zittita dalla lama. Non aggiunge altro, ma i suoi occhi parlano per lei.
Meglio morta che schiava.
Tuttavia ho già il sangue di una femmina innocente a macchiarmi le mani e non aggiungerò anche lei. Non oggi.
«Molto bene.»
Lascio andare il pugnale, tra le proteste mute di Truce e la soddisfazione degli altri due.
«Un k’jeo debole.» Lo sguardo del Kashawa brilla di soddisfazione. «Sapevo che sarebbe stato facile farti cadere in trappola.»
«Io, invece, sapevo sin dall’inizio che non avrei mai completato la tua caccia.»
«Eppure hai sfidato la morte. Stupido da parte tua, nagka.»
Se solo ne avesse idea… «Dimmi solo una cosa: la Succube aveva un compagno, sai chi è?»
«Dovrei?» Avanza, tronfio e soddisfatto. «Non vivrà comunque a lungo, non dopo il loro splendido e del tutto inutile galiga.»
«No, è vero.» Una fitta di rimpianto mi accartoccia l’espressione. Avrei dovuto essere un cacciatore e un amico migliore. «Ma almeno il Cecchino del Cobesh se ne andrà sapendo di aver ottenuto giustizia.»
«Il Cec…»
Woosh.
Non un suono, solo un breve spostamento d’aria anticipa il colpo che arriva all’improvviso e trapassa la tempia del demone Kashawa. Lo schizzo di sangue che fuoriesce dalla parte opposta neanche raggiunge il terreno che già il corpo si affloscia al suolo, seguito da quello dello schiavista un istante dopo.
Non ho completato la centesima caccia, tuttavia l’assassino di Oppim è stato fermato una volta per tutte.
*
Zain resta a supervisionare la cattura di qualunque demone sia rimasto vivo all’interno di Acentown, ma non sono in molti.
Davanti ai suoi occhi tristi anche il suo amico Agam viene arrestato e condotto via. Sarà giudicato dai k’jeo per essersi intromesso nella caccia di un suo pari. Gli aveva detto che si sarebbe accorto del suo arrivo, se avesse messo piede nel territorio di Acent, ed è stato per lui che ha liberato i tetti dalle guardie del demone a capo di quel quartiere. Sperava di poterlo evitare, ma non dubitava che il k’jeo famoso per avere una mira impareggiabile avrebbe desiderato farsi giustizia da solo.
A fargli compagnia resta l’agente Truceply Howgarde, scossa ma viva.
«Lo sapevi?» gli chiede mentre la via si svuota.
«Non avrei potuto fermarlo.» Passa un dito sullo zigomo ferito e la magia fa sparire il taglio. «Il Kashawa sarebbe stato un osso duro, ma Agam avrebbe sofferto troppo se gli avessi sottratto questa opportunità. Non che gli abbia detto di seguirmi.»
La Sassima lo osserva a lungo. «Gli hai spianato la strada.»
Zain si stringe nelle spalle. «Chi lo sa?»
Una domanda a cui non serve risposta, tuttavia decide di allontanarsi per non correre il rischio di sentirne una da parte di Truce

Acent Fon = demone che gestisce Acentown, quartiere rifugio di criminali e di affari loschi. Pronuncia Eix Fo
Agam = cacciatore amico di Zain. Pronunciato come scritto
Akisha Nork’jea = demone Kashawa. Pronuncia Achisa Norchea
Calisphera = quartiere ricco di Yunia. Pronuncia Calisfera
Cobesh = città del Debesh. Pronuncia Cobes
Corripa = una sorta di polizia dei demoni. Il termine indica anche gli agenti. Pronunciato come scritto
Degran = una delle quattro regioni di Axanthia. Pronuncia degra
Fersha = significa qualcosa a metà, di non definito. È usato come insulto perlopiù. Pronuncia ferscia
Galb = demone che utilizza le emozioni come armi. Pronunciato come scritto
Galiga = cerimonia di unione tra due (o più) compagni. Pronunciato come scritto
Geazz = imprecazione. Pronunciato come scritto
Hol’elka = signore di Grannata e uno tra i demoni più antichi. Pronuncia Olelka
Kashawa = demoni del deserto particolarmente violenti e vendicativi. Pronuncia Kasciaua
K’jeo = cacciatore. Pronuncia cheo
K’jeiba = sede dei cacciatori. Pronuncia cheiba
Kupra = moneta. Pronuncia cuprà
Llolka = demoni del dolore. Pronuncia lolca
Lovus = demone ancestrale, signore dell’aldilà. Pronuncia Lovu
Mirraj = tribunale dei k’jeo. Pronuncia mirrà
Nagka = umano. Pronuncia nacca
Nokta = demone ancestrale. Pronuncia Nocta
Oppim Kassan = amica di Zain. Pronuncia Opìm Kazzan
Sassima = demoni umani e metà equini dotati di abilità di premonizione. Pronuncia sasima.
Teessalline = aldilà. Pronuncia Tessaline
Tret’jake = anello cerimoniale concesso ai cacciatori ogni cento cacce completate. Pronuncia tretache
Truceply Howgarde = Corripa di Yunia Ovest. Pronuncia Trusepi Ougar (Truse nel diminutivo Truce)
Valaki = demone schiavista, dagli arti superiori doppi. Pronuncia valachi
Verkas = imprecazione. Pronuncia vercas
Xalon = fratello adottivo di Zain. Pronuncia Salon
Yalis = madre adottiva di Zain. Pronuncia Ialis
Yunia Ovest = zona di Yunia, la capitale della regione di Deyufe. Pronuncia Iunia
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