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The Demon Hunter #3 [Storytelling Chronicles – Aprile]

Aggiornamento: 14 apr

Buon (tardo) pomeriggio!


Anche questo mese torno con un racconto per la rubrica Storytelling Chronicles, e si prosegue con l'avventura di questo protagonista nato proprio all'interno della rubrica. La tematica di questo mese era abbastanza complessa, lo è, ed è composta come sempre da punti, in particolare:

1. Inserite tutti gli elementi naturali (acqua, terra, aria e fuoco), meglio se è il/la protagonista a usarli in qualche modo (esempi pratici: beve l’acqua, accende il fuoco, ecc).

2. Inserite un servizio da tè in porcellana: se ci sono anche dei biscotti, non sarebbe male.

3. Inserite un libro, ma esso deve essere usato impropriamente da qualcuno che NON è il/la protagonista.

4. Inserite almeno una di queste parole: antracite, luculliano, paravento, pastorella, mirtillo.

5. Inserite un proverbio.

6. Inserite una battuta di spirito, una che faccia arrabbiare e una che faccia piangere.

7. C'è una rosa in terra: raccontateci la sua storia attraverso gli occhi DEL/DELLA PROTAGONISTA.

8. Ci deve essere un salto nel vuoto. Ve l’ho detto che NON è figurato, sì?

9. Il/La protagonista prende una decisione senza troppo pensare: ci saranno delle conseguenze, fatele capire attraverso le azioni del/della main character stesso/a.

10. Scegliete un mezzo di locomozione e fatelo usare al personaggio principale.

11. TUTTO in questo racconto è di SOLI DUE COLORI: rosso e viola.

Dei quali dovevamo utilizzarne soltanto otto oppure tutti (ovviamente io li ho utilizzati tutti perché mi voglio male XD). In più, solo squadra rossa, ci sono i seguenti punti obbligatori:

A. Se nel secondo capitolo avete inserito un nuovo personaggio, inseritelo nuovamente. Altrimenti, inseritene uno nuovo ora. Se poi volete osare e inserire sia quello nuovo del secondo capitolo sia quello nuovo di questo terzo, chi sono io per dirvi di no?

B. Inserite una domanda che necessiti per forza di una risposta, MA NON RIVELATELA. Lasciate il dubbio irrisolto, l’arcano sarà svelato a tempo debito.

C. La lunghezza del capitolo DEVE essere simile a quella dei precedenti (esempio pratico: se avete scritto in media 4000 parole, questo nuovo capitolo dovrà stare nel range 3500-4500).


Per il punto C, il racconto consiste di circa 3500 parole, a fronte dei primi due lunghi rispettivamente 3500 parole e 4400 circa.


Completata la parte burocratica, vi lascio a questa nuova avventura del cacciatore di demoni Zain!

Serro la presa sul manubrio della moto e do gas, il rombo a vibrarmi lungo le gambe e la schiena nel mettermi a caccia.

Verkas, dovrebbero tutti imparare a fermarsi al primo avvertimento. Detesto quando pensano di potermi sfuggire, soprattutto quelli che si credono più in gamba del sottoscritto. Non esiste, men che meno oggi.

Sfreccio tra i mezzi incastrati lungo le strade che circondano Yunia, la moto dei demoni da cacciare a un centinaio di piedi di distanza, avanti e intenzionati a seminarmi in fretta e con qualunque mezzo. Anche…

La schiena della femmina seduta dietro ruota, il braccio allungato verso di me e le dita arpionate attorno a una…

Verkas, è una scaccia demoni rinforzata, quattro canne invece delle classiche due.

Un ghigno sadico le piega le labbra, con zanne piccole e acuminate tinte d’un rosso cremisi. I resti del suo ultimo pasto. Non ho tempo per esserne disgustato, i sensi in allerta per capire quanto mi resta prima del colpo, prima…

La detonazione squarcia l’aria, un’onda d’urto che scuote tutto ciò a cui sfreccia accanto e trapassa lo spazio tra le macchine a una velocità fuori misura. Le corro incontro, ruoto l’acceleratore e all’ultimo mi muovo, le gambe e i piedi pronti a scattare verso l’alto e a farmi accovacciare sul sellino.

Un secondo, due, un monito di Xalon mi attraversa la mente ma lo scaccio. Tre secondi e lascio che il colpo centri in pieno la moto, sbalzandola indietro mentre io sollevo le mani, sfrutto le gambe per darmi uno slancio sufficiente ad allontanarmi dall’impatto. E poi… poi…

Salto, volo per un infinito secondo nel cielo violaceo del crepuscolo di Yunia con nulla sotto di me se non il traffico. Per un solo istante i miei pensieri si spengono, non ragiono, do il via libera all’istinto e la magia agisce di conseguenza. Un anello rosso si apre sotto di me, mi ci getto di peso, le mani protese in avanti per raggiungere…

Serro la presa sul polso della femmina, il crack dell’osso che la porta a ringhiare mentre le piombo addosso e una frusta rossa arpiona la ruota posteriore per fermarla. L’altra demone alla guida impreca nel perdere il controllo del loro mezzo, tutti e tre a rotolare sull’asfalto in una cacofonia di pneumatici che stridono, clacson e insulti irripetibili. Kevras, l’ora di punta a Yunia è un vero inferno.

E sono stato quasi un coglione nel non riflettere su cosa sarebbe accaduto nel cadere addosso alle due fuggitive su un mezzo in corsa. Ci avessi pensato meglio, non faticherei a tirare il fiato, né sentirei le costole scricchiolare al più piccolo movimento.

Be’, come direbbero su Altro Mondo: fanculo, lo rifarei.

«Demoni» attacco, la voce roca e affaticata mentre estraggo il tesserino identificativo e lo aziono. «Per il potere datomi dal mirraj di Yunia…»

«Pur’taj» abbaia una, quella a cui ho spezzato il polso per farle perdere la scaccia demoni. «Non sei nulla!»

«Mi spiace, dolcezza, ma ti sbagli.» Uno scatto della mano e la mia magia le imbavaglia. «Per il potere datomi dal mirraj di Yunia, io, K’jeo Zain, dichiaro chiusa la caccia a Kalla e Deidra Fejbus

 

*

 

«Tu sei pericoloso!»

La corripa Truceply Howgarde mi guarda dall’alto in basso, le braccia serrate al petto umanoide e una zampa equina a colpire l’asfalto della superstrada a sud-ovest di Yunia.

«Per Nokta, è passata solo una settimana e già ti rivedo! Non sei tra i miei incontri preferiti, ritieniti avvertito.»

Ridacchio e il costato mi fa male, anche con gli impacchi applicati dal demone guaritore arrivato con gli agenti tenuti a ripristinare il traffico che io ho sconvolto. Questo e altro per chiudere davvero la centesima caccia. Specie dopo com’è andata l’ultima…

«Accolgo l’avvertimento, Truce, e a mia discolpa: non sono io ad aver usato una scaccia demoni rinforzata.»

«Ma è stata usata per fermare te, questo ti rende parte del problema.» Un altro colpo di zoccolo, l’ultimo, prima di vederla allungare una mano nella sacca che le pende lungo il fianco ed estrarne un libro. Avverto una stretta allo stomaco quando me lo porge. «Il Cancelliere Poljar mi ha chiesto di dartelo.»

«Poljar?» chiedo stupito nel prenderlo. Lo tengo con entrambe le mani, un pollice a picchiettare sul dorso e sulla copertina. «Credevo non fosse di turno oggi.»

«Sì, lui stava lasciando il mirraj quando… E quello cos’è?»

Accenno un sorrisetto alla sua incredulità, una Truce sconvolta per avermi visto aprire un libro che non viene usato come tale dai cancellieri, l’interno completamente scavato ad accogliere un piccolo cuscino violetto.

«Questo è il mio primo Tret’jake.» Estraggo l’anello di antracite e lo indosso al mignolo sinistro. «Uno è andato. Me ne mancano nove» commento tra me, gli occhi fissi sul mio dito e su come vi si sia adattato bene.

«La scorsa caccia, al Kashawa…» Truce si china in avanti e mi osserva. «Avresti dovuto riceverlo chiusa quella.»

«Già, e sappiamo entrambi com’è andata.» Abbasso la copertina e gli occhi mi scivolano sul terreno ai miei piedi. «Verkas

Esalo la parola tra i denti, il cuore in fermento davanti alla macchia rossa tra la punta dei miei stivali e le zampe di Truce. Questa non ci voleva.

«Cosa c’è?» La corripa indietreggia per guardare a terra mentre io abbandono il libro e mi accovaccio, le mani poggiate ai lati di qualcosa insignificante solo all’apparenza. «È un vopler di Altro Mondo, quello?»

«Un fiore, sì. Si chiama rosa.» E non dovrebbe essere qui. «Curioso.»

«Perché?»

«Non c’era nulla un istante fa e il solo modo in cui può essere apparsa è attraverso un portale tra Axanthia e Altro Mondo. Non so tu, ma io sento olezzo di oopras

Truce annuisce, il proverbio del Deyufe pesante tra noi. È arrivata senza che nessuno di noi se ne accorgesse, perciò qualunque umano abbia creato e richiuso il portale deve averlo fatto senza accorgersene. O deve essere stato tanto potente da riuscirci con una rapidità fuori dal comune. Kevras, se fosse la seconda, sarebbe una situazione ben poco piacevole.

«Che facciamo?»

«Tu, nulla.» Mi riassetto e incrocio le braccia al petto. «Io devo ancora deciderlo. Per ora ho un’unica certezza: non la toccherò.»

«Hai paura di un vopler

«Non è il fiore in sé il problema, Truce, ma cosa accadrebbe se dovessimo toccarlo.» Inclino la testa per studiare la strada, gli agenti impegnati a ripulire il casino creato dalla mia caccia. «Devo farvi chiudere la superstrada finché non ne vengo a capo.»

«Che Nokta e Lovus ti fulmino, k’jeo!» Scalpita ed è comprensibile, tuttavia piazza uno sguardo ardente su di me. «Non prevedo nulla di buono.»

«Lo dicono le tue abilità di Sassima, o l’esperienza come corripa

«La seconda, per tua sfortuna. Non sempre posso prevedere ciò che accadrà.» La coda spazza l’aria attorno al suo corpo mentre si lascia andare a un sospiro. «Vado a dire ai ragazzi di deviare il traffico. Non fare nulla finché non torno.»

«Sì, mamma!» La mia battuta le fa scattare un nervo lungo la tempia. Kevras, non era mia intenzione farla arrabbiare. «Starò immobile, lo giuro.»

Lancia un’occhiata di avvertimento prima di allontanarsi. Non seguo i suoi movimenti, no, riporto gli occhi e i dubbi sulla rosa a un soffio dalle mie dita. Come è arrivata qui senza che me ne accorgessi?

Ho la soluzione sulla punta della lingua, fastidiosa e amara, una risposta che scaccio e cancello dai miei pensieri perché mi riporterebbe all’infanzia e al viaggio tremendo che mi ha condotto qui ad Axanthia.

Il problema adesso è capire cosa farne di questa rosa. Oltre a decidere se mi conviene davvero aspettare Truce o se sarebbe meglio occuparmene da solo. Eviterei ulteriori incidenti, quantomeno di coinvolgere qualcuno che potrebbe restarne ferito molto più di me.

La corripa si arrabbierà con me molto più che con la battuta di poco fa, ma non sono disposto a farle correre altri rischi, non dopo la settimana scorsa e il sipario ad Acentown. Tanto vale darmi una mossa.

Un ultimo sguardo attorno per capire quant’è lontana Truceply, le dita leste nel raggiungere il bocciolo rosso e nello stringerlo con forza. Una scossa mi attraversa la pelle, i muscoli e i tendini per arrampicarsi sul braccio fino alla spalla. Si annoda attorno al collo e affonda le punte acuminate alla base del cranio, in uno schiocco elettrico che mi fa vacillare. Un urlo silenzioso mi resta incastrato in gola, brucia senza fuoriuscire e mi scaraventa in un tunnel fatto da oscurità color del sangue, la testa risucchiata verso un punto imprecisato del cosmo.

Kevras, detesto i portali psichici. Collegano due luoghi nell’universo senza che chi vi viene richiamato si sposti per davvero, tuttavia se non sei il destinatario della richiesta di comunicazione ti sembra di attraversare l’inferno andata e ritorno più e più volte. Una spiacevole conseguenza dell’esserti fatto i cazzi di qualcos’altro, come direbbero su Altro Mondo.

Nel mio caso, vengo trafitto da decine di lingue di fuoco dalla testa ai piedi immaginari, quelli veri rimasti inchiodati su una strada fuori Yunia. La sensazione mi scava dentro e decido ben presto di afferrare le spire brucianti per convogliarle all’esterno. Stringo le fiamme tra le dita, la magia a circondarle per trasformarle nell’ancora che porta a destinazione, la mente dirottata verso quello che sembra un roseto in fiore.

Una campanella mi risuona nella mente, come se lo avessi già visto da qualche parte. Può essere, i viaggi che ho fatto verso Altro Mondo durante il mio addestramento per diventare k’jeo potrebbero avermi condotto in un luogo simile, se non addirittura lo stesso. In fondo, i luoghi sulla Terra assomigliano un po’ tutti a quelli che mi sembra di ricordare della mia infanzia.

Atterro con i piedi ben saldi a terra, il corpo accucciato per sostenere l’impatto di una caduta per nulla prevista. Le dita mi affondano nel terreno umido, stringo la terra e me ne riempio le mani per ancorarmi quanto posso al luogo etereo in cui sono stato condotto dalla rosa mentre davanti agli occhi mi appare un tavolino di metallo corredato di sedie dai cuscini viola.

Su una di queste siede una donna, un abito ad avvolgerle il corpo e i lunghi capelli drappeggiati sinuosi sulle spalle. Deve avere all’incirca quarant’anni, eppure rughe profonde le scavano il viso ai lati delle labbra piene.

«Non sei chi mi aspettavo» esordisce appena incrocia il mio sguardo e mi ritrovo inchiodato dagli occhi di una strega umana. «Decisamente.»

«Be’, io non mi aspettavo certo di essere evocato da una nunde.» Il termine la fa sussultare, la connotazione negativa conosciuta anche da questo lato della barriera. «Ora però sono curioso di sapere chi avresti voluto incontrare.»

«Mio figlio.» Libera le dita che ha tenuto strette in grembo finora e mi indica con una mano l’altra sedia di fronte a sé. «Vuoi accomodarti?»

«Quanta cordialità.» Mi alzo ma non muovo un passo. «Mi offrirai anche una tazza di tè e dei pasticcini?»

Il volto della strega si irrigidisce, tuttavia non replica alla mia domanda se non con un piccolo movimento delle dita. Sul tavolino appare proprio l’oggetto della mia domanda.

«Spero ti piacciono le brioches dolci e i biscotti» mi risponde con un mezzo sorriso teso, le mani rapide ad afferrare la teiera per versarne il contenuto in due tazze dalla forma dedicata. «È al gelsomino, utile per mantenere la connessione mentale.»

«Perché?»

La donna riporta gli occhi su di me e mi sento attraversare da un brivido di consapevolezza per nulla piacevole.

«Perché avrei voluto rintracciare mio figlio e invece mi ritrovo a parlare con un demone non so bene di che tipo. Deve pur avere un qualche significato.» Torna a guardare il servizio da tè e finisce di riempire le due tazze. «Se sei arrivato tu deve esserci una spiegazione e intendo scoprirla.»

«Una nunde determinata, strano.»

Il commento sarcastico la porta a inarcare un sopracciglio. «Se proprio vuoi definirmi in qualche modo, preferisco essere chiamata strega. Come insulto, non come definizione della mia persona.»

«Ma lo sei. Non sarebbe un insulto.»

«A essere precisi, sono la Matriarca dell’Ovest, e questo come minimo vorrebbe un briciolo di rispetto da parte tua, demone.» Mi osserva con un'occhiata giudicante, ma non sulla mia condotta, quanto per capire chi io sia. «Qual è la tua specie, a proposito? Così so come comportarmi nei tuoi confronti.»

«Non ne ho.» Ripulisco la terra dalle mani e avanzo fino a prendere posto accanto a lei. «Sei giovane per essere una Matriarca. Di solito siete tutte vecchie, rugose e acide come limoni andati a male.»

Arriccia le labbra. «Alcune lo sono, sì. Fortuna che la mia congrega è abbastanza lungimirante da eleggerne una capace di guidarla senza restare ancorata al passato. Ora» mi passa una tazzina che sembra contenere soltanto acqua, «la tua specie?»

«Non appartengo ad alcuna.» Prendo un sorso di tè e sì, kevras, è soltanto acqua. Non che intenda dirglielo, così come il segreto della mia natura. «Sono un demone anomalo, rispetto ai miei simili. Ora» ripeto la sua stessa formula per indispettirla, «tuo figlio. Quanti anni ha? Da quanto si trova nel regno demoniaco? Ho bisogno di un’indicazione temporale precisa.»

«Perché?»

Inspiro con calma di fronte al suo tono sospettoso, l’aria fresca a calmare il fastidio per l’ovvio pregiudizio che la strega nutre nei miei confronti. Magari non nei miei nello specifico, ma più in generale verso gli abitanti di Axanthia.

«Perché a differenza di quanto accade a voi qui sulla terra, gli abitanti del mio mondo smettono di invecchiare una volta raggiunti i trentotto anni e, se non fosse sufficiente, il tempo scorre diversamente da noi. Se dovessi fare un calcolo veloce, direi che un mese terrestre corrisponde a due anni dalla mia parte del velo.» Trasalisce e la tazzina le trema tra le mani. «Perciò te lo richiedo: quanti anni ha? E quando ha oltrepassato il portale?»

«Non so quando è arrivato nel tuo regno, non di preciso. Mio figlio… era solo un bambino. È stato rapito poco dopo il suo terzo compleanno e tra una settimana saranno quattordici anni dalla sua scomparsa.»

«E lo cerchi soltanto adesso?»

«Credevo fosse morto!»

Il dolore le pervade la voce, accompagnato da grosse lacrime a velarle gli occhi, e il suo risentimento mi scivola addosso come se si fosse trasformato in una creatura vivente. Kevras, avrei potuto porle la domanda in qualunque altro modo, invece ho scelto di far sembrare che fosse negligente e in ritardo di proposito.

Chino la testa in segno di scuse. «Non mi sarei dovuto permettere. Hai idea di quando potrebbe essere entrato nel regno demoniaco?»

«I Cacciatori che hanno fermato la congrega responsabile del suo rapimento hanno detto che potrebbe essere stato tra i nove e i dieci anni.» Si asciuga le guance. «Quando ho impostato il rituale di convocazione, l’ho fatto pensando a lui, all’adolescente che potrebbe essere diventato.»

«Solo che non lo è più, sempre che sia ancora vivo.» Sollevo le mani per placare la sua occhiata omicida. «Non tutti i bambini umani sopravvivono dall’altro lato, soprattutto se vi giungono prima dei quattordici anni. O in alcune regioni più arretrate.»

«Ma alcuni lo fanno?»

«Alcuni.» Tralascio di dirle che io sono uno dei pochi umani rimasto su Axanthia. Gli altri, se non sono già morti, lo sono quasi a causa del giro di schiavisti che fa di tutto per prenderli. «Non se tuo figlio sia tra loro, ma non lo troverai, non con quel rituale.»

«E allora come?»

«Non puoi. Non dal tuo lato della barriera tra i mondi. Ora, sempre che sia ancora vivo, deve essere ormai un uomo adulto, ed è qualcuno così che deve essere cercato.» La soppeso dalla testa ai piedi e punto l’indice verso di lei, su una ciocca di capelli che le pende lungo il viso. «Due o tre potrebbero bastare.»

«I miei capelli?» Annuisco ed è rapida a strapparne due per lasciarmeli cadere nel palmo aperto. «Come farai?»

Un ghigno mi curva le labbra nel lasciare emergere le onde della mia magia, fino a esserne circondato. La strega sembra incapace di credere a ciò che vede, gli occhi in continuo movimento per seguire i filamenti rossi mentre si spostano lungo le mie braccia, sulla nuca e tra le corna, in un andirivieni continuo e instancabile.

«Ti ho detto che non sono un demone come gli altri.»

«Cosa sei? Non dovresti saper utilizzare la magia.» Scatta in piedi e la sedia cade dietro di lei, senza tuttavia schiantarsi mai al suolo. Perché scompare, come metà del roseto attorno a noi. La donna si concede uno sguardo fugace per capire cosa stia accadendo, ma subito riporta gli occhi su di me. «Sei tu! Perché lo stai facendo? Perché?»

Mi alzo anch’io e tutto attorno a noi si fa vuoto, un’oscurità totale in cui restiamo soltanto noi due, fantasmi dei nostri spiriti ormai giunti al capolinea di questo incontro.

«Perché mi è già successo una volta di attraversare un portale senza avere voce in capitolo e non permetterò che accada di nuovo.» Stringo la presa sui capelli e mi assicuro di non perderli. «A mai più rivederci, nunde

Un cenno, uno scatto delle dita e una luce cremisi la acceca, prima di avvolgermi e riportarmi indietro da dove sono partito e dov’è rimasto il mio corpo.

Vi rientro con uno schianto secco, la nuca dolorante come se fossi stato colpito da un pugno ben assestato da un demone guerriero.

Non sono più accovacciato a terra, quanto steso sull’asfalto, gli occhi puntati dritti sul cielo violetto della sera di Yunia.

«Kevras, questo si che ha fatto male!»

Una mano compare nel mio campo visivo, seguita dallo sbuffo stizzito di una femmina.

«Fortuna che mi avresti aspettato» si lamenta Truce nell’offrirmi il suo aiuto per mettermi dritto.

«Non avresti comunque potuto seguirmi.» Stringo la mano libera attorno alla sua e mi rizzo a sedere sulla superstrada. «La rosa nascondeva un rituale di convocazione verso Altro Mondo.»

La notizia la sconvolge tanto quanto il venire a sapere alcuni dettagli del mio incontro con la strega. Tengo per me il dettaglio sui suoi capelli, incerto se dire alla corripa quali siano i miei reali sospetti su ciò che è appena avvenuto.

«Cosa credi sia successo al figlio della nunde

«Se è davvero arrivato su Axanthia, ci sono due possibilità: o è morto, quindi non sarà possibile rintracciarlo; o se è ancora vivo, di certo sarà sulle soglie della pazzia in qualche girone schiavista del Degran.»

«Ce n’è una terza» mi corregge mentre mi rialzo. «Potrebbe essere come te. In fin dei conti è il figlio di una nunde, chi lo sa come si adattano al nostro mondo?»

Io si, ma taccio e le nego una risposta che aprirebbe più domande del necessario.

«Ora che ti sei ripreso, k’jeo, e abbiamo risolto il mistero della rosa, possiamo riaprire la strada?»

«Sì, puoi avvertirli che è tutto a posto.»

Un incarico che la porta ad allontanarsi da me, abbastanza da permettermi di recuperare il finto libro e depositarvi dentro i due capelli della strega umana.

Li osservo a lungo, il primo fatto attorcigliare attorno al dito mentre ripeto tra me una formula per spingere la magia a creare una barriera tra noi. Se mai dovesse provare a evocarmi di nuovo senza il mio permesso, troverà soltanto un muro ad attenderla.

Il secondo invece…

Lo lascio all’interno dello scomposto dove riposava il mio anello Tret’jake. Ha convocato il figlio, un ragazzino, e la rosa è arrivata da me. Perché? A quale scopo la magia mi ha collegato alla strega?

Sono un k’jeo, potrei raccontare l’accaduto a un mio superiore e ottenere il permesso di una caccia personale. Con la testimonianza di Truce e di chiunque mi abbia visto svenire stasera, non dovrebbero negarmi l’autorizzazione a scoprire chi sia il figlio della Matriarca dell’Ovest e cosa ne sia stato di lui. Potrei scoprire se sia morto o ancora vivo, così da farle mettere l’animo in pace in caso non possa più tornare da lei. Non che l’essere ancora in vita sia una garanzia della possibilità del suo poter tornare a casa.

Vorrebbe sul serio tornare su Altro Mondo? Sempre che possa considerarlo ancora a casa sua dopo tutto questo tempo.

Chiudo la copertina di scatto e faccio sparire il libro all’interno di una delle tasche del mio giubbotto. Sono domande che meritano una risposta, o più, ma che vengano approfondite ora è fuori questione. In più stasera non ho decisamente voglia di imbarcarmi in una ricerca di questo tipo.

Dopo tante difficoltà ho portato a termine la mia centesima caccia ed è giunta l’ora di festeggiare come si deve, kevras.

Xalon e i nostri genitori dovrebbero già aver ricevuto la notizia da parte della Cancelleria, e se li conosco abbastanza avranno già iniziato a organizzarmi una festa a sorpresa a casa loro. Una a cui non vedo l’ora di partecipare fingendo di non essermela affatto aspettata.

Cento cacce. Le prime di una lunga serie che mi porterà alla grandezza, me ne assicurerò con le mie stesse mani. E magari scoprirò anche qual è il legame con quella nunde di Altro Mondo.

Verkas = imprecazione. Pronuncia vercas

Yunia = capitale della regione di Deyufe. Pronuncia Iunia

Xalon = fratello adottivo di Zain. Pronuncia Salon

Mirraj = tribunale dei k’jeo. Pronuncia mirrà

Pur’taj = imprecazione. Pronuncia purta

K’jeo = cacciatore. Pronuncia cheo

Kalla e Dreida Fejbus = criminali. Pronunciati Calla e Dreide Febu

Corripa = una sorta di polizia dei demoni. Il termine indica anche gli agenti. Pronunciato come scritto

Truceply Howgarde = Corripa di Yunia Ovest. Pronuncia Trusepi Ougar (Truse nel diminutivo Truce)

Nokta = demone ancestrale. Pronuncia Nocta

Poljar = Cancelliere (responsabile) del mirraj di Yunia. Pronuncia Polar

Tret’jake = anello cerimoniale concesso ai cacciatori ogni cento cacce completate. Pronuncia tretache

Kashawa = demoni del deserto particolarmente violenti e vendicativi. Pronuncia Kasciaua

Vopler = termine che indica qualsiasi tipo di pianta. Pronuncia voplé

Axanthia = nome del pianeta dei demoni. Pronuncia Asantia

Oopras = animali da pascolo simili ad antilopi con un muso allungato. Pronuncia upra

Deyufe = una delle quattro regioni di Axanthia. Pronuncia deiuf

Lovus = demone ancestrale, signore dell’aldilà. Pronuncia Lovu

Sassima = demoni metà umani e metà equini dotati di abilità di premonizione. Pronuncia sasima

Acentown = quartiere rifugio per criminali gestito da Acent Fon. Pronuncia Eixtown

Nunde = termine dispregiativo per indicare le streghe sulla terra. Pronunciato come scritto

Degran = una delle quattro regioni di Axanthia. Pronuncia degra


 
 
 

1 comentario


Susy
Susy
10 abr

L'inserimento della rosa l'ho trovato geniale perchè non sembra affatto che tu ti sia sforzata per inserirlo anzi, sembrava proprio parte della storia stessa e penso sia questa una delle tue particolarità, inserire tutti (tanti) elementi di Lara e riuscire a creare poi qualcosa di così ben fatto. Come sai non è il mio genere preferito questo, ma mi stai comunque facendo venir voglia di continuare a scoprire qualcosa in più su questo mondo

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