Buongiorno a tutti 😊
Oggi chiudo la settimana con un libro letto per l’università ma che ho adorato! Ve ne parlo anche perché è in linea con quello di cui parlavamo ieri con Dear White People e mi sembrava carino continuare sullo stesso, attualissimo, tema!
Titolo White Teeth Autore Zadie Smith Editore Vintage Anno 2000 Genere Narrativa, contemporaneo Formato Cartaceo Pagine 464 Prezzo 4,42€ Acquisto Amazon
A comic epic of multicultural Britain by one of the most exciting young writers of 2000. In this irrestible extended family saga, Zadie Smith brings us a fiercely witty tale of immigrants in England over a period of forty years. In this, her first novel, she pens a fresh and funny portrait of modern England – with all the inventiveness of Amis and the humanity of Jeanette Winterson – while offering up insights into British sub-cultures that are all her own. WHITE TEETH takes a sideways glance at the history of a multicultural island, and creates a stylish melting pot – at once cynical, moving, and very, very funny.
Primo giorno del 1975, Archie Jones è stanco di vivere e ha deciso di suicidarsi respirando il gas di scarico della propria auto fermo su un posteggio di carico-scarico merci. Quello con cui Archie però non ha fatto i conti è il proprietario della macelleria halal che si affaccia proprio su quel posteggio e che, da lì a qualche minuto, dovrebbe ricevere una consegna.
“He’s gassing himself, Abba.” “What?” Arshad shrugged. “I shouted through the car window and told the guy to move on and he says, ‘I am gassing myself, leave me alone.’ Like that.” “No one gasses himself on my property,” Mo snapped as he marched downstairs. “We are not licensed.”
E poiché il macellaio non ha la licenza per poter permettere ad Archie di suicidarsi come ha scelto, ecco che in un attimo il suo tentativo di suicidio fallisce e lui si ritrova tra le mani una seconda possibilità di vivere. Un’occasione che lo porta ad incontrare Clara Bowden, giovane ventenne di colore che in meno di sei mesi diventerà la sua seconda moglie. È attorno alla vita della neonata famiglia Jones, formata dall’inglese Archie, dalla giamaicana Clara e dalla loro bambina Irie, e a quella dell’immigrato pakistano Samad Iqbal, con sua moglie Alsana e i gemelli Millad e Magid, che Zadie Smith costruisce le vicende di White Teeth (il suo romanzo d’esordio e che io ho letto in versione originale), attraversando ben più di vent’anni della storia inglese, dal 1975 alla fine degli anni ’90, per raccontare il rapporto difficilissimo tra gli autoctoni, gli immigrati e i loro figli, che rappresentano la seconda generazione, cioè individui divisi tra la cultura del paese in cui sono nati e quella tramandata dai loro genitori, i quali vorrebbero che diventasse il loro punto di riferimento. Ed è a partire dal 1985, dai dieci anni di Irie Jones e di Millat e Magid Iqbal, che le vicende e gli scontri culturali entrano nel vivo e assumono i tratti più aspri che porteranno alla deriva le vite di questi tre giovani in modi diversi, dal momento in cui Samad Iqbal comincia a sentire il distacco che la cultura britannica sta operando sui suoi figli e cerca in ogni modo possibile di creare quel contatto con il Pakistan che loro non hanno comunque mai avuto. E lo stesso vale per Irie, anglo-giamaicana, che vede nei suoi geni “neri” un tratto distintivo quasi estraniante e una difficoltà insormontabile per lei che vorrebbe essere come tutte le sue coetanee e vivere un’adolescenza normale, dove la quotidianità familiare possa essere come quella di tutti gli altri e non come in realtà è, vale a dire un continuo revival del passato del padre (da giovane, Archie ha partecipato alla seconda guerra mondiale insieme all’amico Samad) e una strenua battaglia per capire chi lei sia, se una ragazza inglese o giamaicana.
No fiction, no myths, no lies, no tangled webs – this is how Irie imagined her homeland. Because homeland is one of the magical fantasy words like unicorn and soul and infinity that have now passed into language.
Zadie Smith, con un’ironia fuori dal comune e uno sguardo lucido sulla storia di Londra negli ultimi venticinque anni del ‘900, si spinge ad indagare e a descrivere il significato di ciò che definisce l’identità delle persone, le influenze culturali e sociali che agiscono su di loro e sulle loro azioni, nel tentativo di approcciarsi a quella delicata sfera nella vita di tutti noi che rappresenta la nostra essenza più profonda, l’individualità che fa di noi chi siamo come individui facenti parte di una determinata società e di una specifica cultura. E in White Teeth è la fusione tra culture diverse a diventare il fulcro di questa ricerca, dove Zadie Smith mette a confronto la cultura musulmana di Samad Iqbal con quella inglese e il suo tentativo di indirizzare almeno uno dei suoi figli verso l’ideale che lui persegue e auspica per loro, in un esito, però, che non va assolutamente nel modo sperato e che genera nei suoi figli le più profondo spaccature identitarie, quelle ferite che conducono esattamente dove Samad non sarebbe mai voluto arrivare.
Our children will be born of our actions. Our accidents will become their destinies. Oh, the actions will remain. It is a simple matter of what you will do when the chips are down, my friend. When the fat lady is singing. When the walls are falling in, and the sky is dark, and the ground is rumbling. In that moment our actions will define us. And it makes no difference whether you are being watched by Allah, Jesus, Buddah, or whether you are not. On cold days a man can see his breath, on a hot day he can’t. On both occasions, the man breathes.
Chiedersi cosa genera gli estremismi (di qualsiasi genere e fazione) e come le seconde generazioni combinano le due identità in conflitto dentro di loro (quella della cultura dei genitori e quella del paese in cui sono nati) in relazione anche allo scontro con gli “autoctoni” è ciò che affronta White Teeth, arrivando a svolgere la matassa culturale dell’Inghilterra e a metterne in scena le contraddizioni e i problemi più profondi, ma sempre con un guizzo di humor che rende tutto ancor più speciale.
Come vi ho scritto, io l’ho letto in inglese e in originale rende benissimo l’ironia dell’autrice, però credo (da quello che ho visto qua e là online) che anche nella traduzione italiana resti un gran buon libro, uno di quelli che vi consiglio caldamente! È attualissimo e ci coinvolge da vicino nei temi, perciò dategli una possibilità, anche solo per allargare i vostri orizzonti 😉
Per questa settimana è tutto!
Buon weekend Federica 💋
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